Il dibattito sulla maturità ruota intorno ad aggettivi esilaranti. Tra i più ricorrenti ci sono ammesso, bocciato, promosso. Ammesso richiama l’essere accolto, riconosciuto. Bocciato ci riporta alla semantica ingenerosa di respinto, scartato, rifiutato. Il promosso è giudicato idoneo. A che cosa? A passare l’anno. Giungono però rassicurazioni dalla ministra dell’Istruzione: «ammesso non significa promosso». La ragione è ovvia: la didattica a distanza non raggiunge tutti.

LA QUESTIONE sembra essere più che legittima e riguarda la carenza delle piattaforme digitali, ma il punto è come si utilizzano. Se nella didattica on line si continua a travasare compiti da svolgere, pur avendo a disposizione i più sofisticati sistemi tecnologici, non si raggiungono certamente studenti che, in una fase di incertezza e paura, hanno bisogno di presenza affettiva, dialogo, ascolto. Insomma, questo esame di maturità sarebbe «una tutela nei confronti degli studenti non raggiunti dalla didattica a distanza», ma la vera tutela di chi non è raggiunto da questo modello di scuola dove sta? Questa volta sarà emanato un indulto didattico.

I TERMINI sono un po’ confusi: ammesso, ma non promesso; ammesso, ma non promosso; promosso, ma non promesso; ammesso ma non concesso. «Non è un sei politico», ci si affanna a specificare, «non è una promozione di massa». Cosa è, allora, questo esame di maturità? Voto, bocciatura, promozione sono parole che si confondono in una fosca nube mediatica e nelle chat dei genitori ansiosi. Si interviene ancora una volta ad acquietare gli animi: «gli studenti saranno scrutinati».
Ci si tranquillizza, finalmente, sullo scrutinarsi, e sorge una nuova questione: il ritorno a scuola a settembre (ormai sembra che maggio sia andato) garantirà le giuste precauzioni di salute pubblica o si riprenderà on line? La risposta è dubbiosa: «il problema sono le classi pollaio». Ecco che i gruppi watsapp si agiteranno di nuovo: ma come, mio figlio in una classe pollaio?
A partire da questo appassionante dibattito su pregnanti temi educativi si potrebbe pensare di formulare alcune tracce per il tanto discusso esame di maturità che – come rassicurano – «sarà serissimo». Ognuno potrebbe scegliere la più adeguata.

È MAI POSSIBILE pensare oggettivamente a una scuola in cui gli alunni non possano darsi una mano, non possano abbracciarsi, mangiare insieme, darsi una carezza, un bacio, uno spintone, perfino pestarsi un piede o il problema sono le classi pollaio?
Nel caso delle classi pollaio, c’è spazio per i banchi e le cattedre o possiamo liberarcene una volta per tutte?
Un testo non interpretato continua a essere vivo nella mente e nel cuore di chi legge, laddove un testo interpretato svela immediatamente il suo mistero, rompe il suo incantesimo, la sua seduzione: vero o falso?
La lentezza è una virtù che deve essere appresa in un mondo in cui fino a ora abbiamo corso come macchine?
Conversare e dialogare con gli alunni è sempre perdere tempo e, se sì, non sarebbe più utile perdere tempo che correre freneticamente dietro ai programmi?

L’ESPRESSIONE «SCRUTINATI» viene dalla voce del verbo «scrutinare»: io scrutino, tu scrutini, lei scrutina. Coniuga in forma passiva tutti i suoi modi e tempi: «io sono scrutinato», «tu sei scrutinato», «lei …». Poi, scrutina le tue sensazioni personali.
Dicesi pedagogia del tapis roulant un sistema in cui si ha un nastro scorrevole, bisogna stare al ritmo e non si può rallentare se non decellera il nastro: si può descrivere meglio il meccanismo rapportandolo alla propria scuola.
È proprio il caso di dire «chi si ferma è perduto» o ogni tanto è meglio perdersi e fermarsi?