Ormai da diversi anni il premio Scenario, attraverso un complesso gioco di selezioni, cerca di indicare i talenti emergenti o promettenti del teatro italiano. Ha rivelato personalità e personaggi, nella sua articolazione che si è arricchita di un premio legato al «mistero» della strage di Ustica, e di un altro indirizzato all’infanzia. È quindi una prospettiva interessante su cui affacciarsi, per rilevare oltre a valori artistici individuali, tendenze o linee di ricerca. Che in ogni caso arricchiranno le programmazioni stagionali di quella ventina di teatri ed enti partecipanti, nonché giudici, della manifestazione. Il premio ha mostrato nei giorni scorsi a Bologna la realizzazione degli studi presentati in concorso. Una vetrina densa, anche perché un ex aequo ha portato a quattro i titoli in programma, distribuita tra due sale della cintura del capoluogo emiliano, Teatri di Vita presso Borgo Panigale, e a Casalecchio il teatro che si fregia del nome di una concittadina illustre, Laura Betti.

Per il suo trentennale (anche se le edizioni sono 18 finora, in quanto biennali), Scenario rivela certamente dei talenti sicuri, che avranno modo di crescere ancora proprio nella loro «teatralità». Il discorso vale per due casi diversi, Barbara Berti (premio 2017 ex aequo) e Valentina Dal Mas (premio Scenario infanzia). Entrambe molto giovani, sono dotate di tecnica straordinaria. La prima, con Bau#2, dà luogo a una vera e propria «coreografia del pensiero», come recita il sottotitolo. Il corpo, e la sua padronanza strepitosa, arrivano quasi ad esprimere la parola, senza mai pronunciarla: è un intero vocabolario di sensazioni, stati d’animo e concetti quello che Berti riesce ad allineare ed esprimere, quasi dialogando con le luci. Ora si attende che con quel ricco bagaglio offra uno spettacolo più compiuto e articolato proprio nel senso che ha indicato di voler percorrere con questa performance.

Dal Mas invece con Da dove guardi il mondo? evoca la nascita dei rapporti in una creatura di pochi anni: godibile e ricchissima di tecnica anche lei, ma sicuramente in grado di uscire dalla solitudine in cui ora pure dà vita a simpatici quanto fantasmatici interlocutori. Un discorso inverso andrebbe fatto per il lavoro collettivo dei Veryferici (premio Scenario per Ustica) di Shebbab Met Project, collettivo bolognese «di periferia» come da titolo, formato da giovanissimi italiani e stranieri. È forte l’impatto civile e politico dell’azione, che continuamente si allarga e approfondisce su un tema per poi riprendere immediatamente il suo vagare ritmato tra musica e danza.

Al confronto risulta più debole il contenuto di slogan e asserzioni che sempre si fermano alla battuta, o appunto allo slogan. Su diritti e principi che sono fin troppo ovviamente condivisibili, al di là di una esibita quanto pruriginosa voglia «scandalistica». Alla fine, lo spettacolo più completo e «avanzato» è l’altro ex aequo del premio Scenario 2017, che tra l’altro viene a completare una trilogia iniziata prima a Perugia e poi alla biennale di Venezia nell’agosto scorso: Un eschimese in Patagonia. L’autrice e interprete Liv Ferracchiati maneggia con destrezza le parole, i corpi e le immagini, e porta qui a compimento e riflessione quel racconto iniziato nei due brani precedenti, su quel ragazzo che ancora bambino si accorge di essere maschio in un corpo di femmina. Reazioni, progetti, contromisure, verifiche costituiscono il corpo dello spettacolo, con altre tre ragazze e un ragazzo a dare voce, ritmo e energia a quel cammino di costruzione di nuova identità. Tra verità lancinanti e canzoni pop, e senza permettere allo spettatore di restare indifferente.