La riforma della giustizia arriva oggi alle 14 nell’aula di Montecitorio e saranno subito votate le pregiudiziali di costituzionalità.
Sarà approvata, previo voto di fiducia sull’accordo raggiunto tre giorni fa, martedì. Conte ha convocato per le 18.30 i parlamentari 5S in call conference per fare il punto sulla situazione. Sulla carta tutto dovrebbe essere risolto: da due giorni una miriade di deputati del Movimento ripete che il risultato è soddisfacente e la strenua resistenza del premier ha evitato il peggio. È propaganda. I 5 Stelle hanno ottenuto poco, soprattutto a paragone della durissima mazzata inflitta stracciando la riforma Bonafede.

Lo stesso ex premier Giuseppe Conte, nonostante le smentite a pioggia, è stato tentato dall’astensione sino all’ultimo e si è deciso solo dopo lo scontro diretto con Di Maio. A 48 ore di distanza dall’intesa nel gruppo riemergono tensioni, malumori e tentazioni di voto in dissenso. Se a disertare la fiducia fossero alcune decine di deputati il colpo per l’immagine di un Conte che sta per essere incoronato leader e che ha già dovuto verificare quanto pesi l’ipoteca Di Maio sarebbe pesante: la riunione è convocata proprio per richiamare tutti all’ordine e alla disciplina.

Si sono messi di mezzo, a rendere le cose più difficili, un paio di elementi imprevisti. Il primo è la bocciatura dell’emendamento 5 Stelle che permetteva di celebrare i processi d’appello col solo giudice monocratico invece che con il collegio di tre giudici. Il governo aveva dato parere positivo. L’emendamento faceva parte dell’accordo parziale faticosamente raggiunto nel vertice di giovedì mattina, dal quale erano rimasti fuori i capitoli più contrastati come la prescrizione. Lega, Fi e Iv lo hanno invece bocciato a sorpresa e lo schiaffo rende più amara la pillola per i 5S.

Il secondo problema è ben più serio. L’intero universo ambientalista è insorto contro l’assenza degli ecoreati, in particolare del disastro ambientale, dalle fattispecie di reato per le quali l’improcedibilità è se non del tutto impossibile almeno molto più difficile.
Tutte le associazioni ambientaliste chiedono di tornare su quella scelta e le tensioni arrivano nella maggioranza. La capogruppo di LeU al Senato è caustica:

«C’è ancora tempo per correggere in aula il limite più grave della riforma. Non sottrarre questi reati all’improcedibilità è un vulnus profondissimo».
Il tema arriva anche nei ranghi 5S con alcuni deputati che chiedono «più tempo per i processi ambientali» ed è probabile che il problema venga posto anche nella riunione di oggi pomeriggio. In effetti escludere gli ecoreati dallo scudo contro l’improcedibilità avrebbe avuto senso solo di fronte a una scelta del governo di blindare il primo testo Cartabia. Una volta accettato di rivederlo, non si capisce perché non siano stati considerati gravi alcuni tra i reati più odiosi e dalle conseguenze più devastanti, di solito commessi in nome del profitto da figure molto potenti, a rischio più di ogni altro di prescrizione.

La ministra ha respinto ieri ogni accusa: «La riforma non produce alcuna zona di impunità. La partita politica si è occupata delle proprie bandierine ignorando i contenuti della legge». Ma la guardasigilli è ormai nel mirino dei 5S, che non nascondono propositi vendicativi. «Adesso il Colle se lo può scordare», ripetono inviperiti molti 5S. In effetti lo strappo è tale da rendere molto improbabile la convergenza di tutta la maggioranza sul nome che per i 5S feriti è ora il più detestato. Ma se non si troverà un nome che metta d’accordo tutti, e a parte Draghi non se ne vedono, la candidatura della guardasigilli potrebbe riemergere come nome capace di evitare un duello all’ultimo sangue perché gradito, se non ai 5S e a FdI, almeno a Lega e Pd.

I rischi che le tensioni, complici le prossime amministrative, s’impennino fino a rendere impossibile un’elezione concordata da tutti del nuovo presidente sono concreti. Basti pensare allo scambio di ieri tra Salvini, che accusa il Pd di «fare il palo al sabotatore Conte», e Letta che replica: «Usa questi termini pensando ai suoi pistoleri». Sabotatore, pali e pistoleri stanno nella stessa maggioranza, dovrebbero scegliere in armonia il nuovo presidente.