In un tempo dove c’è bisogno di stupire, e tanti, troppi musicisti e produttori si sentono in grado e in diritto di rifare qualunque cosa di un passato che è storia, questo Here it is tribute to Leonard Cohen è una lezione di musica e di come ci si dovrebbe comportare, perché è un album che riporta al centro una parola che oramai sembra passata di moda: il rispetto. Bisogna rendersi conto in alcuni casi, che ci si può solo accostare alla bellezza dell’arte, prenderne spunto, coglierne la lezione e farsi prendere per mano.

E qual è il miglior modo per rendere omaggio a Leonard Cohen, che si è fatto carne e bellezza attraverso la sua arte? Trattarlo come un monumento, ovvero curarlo. Rendersi conto del perché della sua unicità, senza scalfirne l’essenza. Così il produttore Larry Klein, amico di Leonard Cohen ha affidato queste opere d’arte a 12 artisti Peter Gabriel, Iggy Pop, Gregory Porter, David Gray, James Taylor, Bill Frisell, Sarah Mclachlan, Immanuel Wilkinks, Luciana Souza, Mavis Staples, Nathalien Rateliff e Norah Jones, che da discepoli si sono fatti prendere per mano con il totale rispetto per la figura e l’arte dell’artista canadese. Grandi personaggi che avrebbero potuto strafare, mettere il loro ego davanti alla musica di Cohen e invece no. Nessuno di loro va oltre e questo non significa che non si senta la loro impronta.

E SEMBRERÀ un particolare ininfluente ma a farci caso le canzoni sono scritte così Here it is feat Peter Gabriel o Seems so Long Nancy feat David Gray, proprio a sottolineare che sono le canzoni di Cohen che accompagnano gli artisti. L’omaggio è reso unico dagli arrangiamenti con cui i brani vengono omaggiati. Atmosfere jazz che non suonano come paradosso per la vita artistica di Cohen, basti pensare che il jazz incorpora tutti i generi musicali dal blues, alla musica leggera, alla samba, al rock fino alla musica colta. E l’arte di Cohen non è tutto questo? A Peter Gabriel, il compito di cantare Here it is che intitola l’intero tributo. Se voi provate ad ascoltare la canzone nelle cuffie, a tratti vi sembrerà di riascoltare Cohen: Gabriel abbassa la tonalità, da avvicinarsi alle profondità dell’autore. Totale empatia.

E POI Iggy Pop da cui ci si aspetterebbe l’irriverenza e invece è straordinariamente composto nel cantare You want it darker. E poi la saggezza infinita della voce di Gregory Porter in Suzanne, la delicata versione di James Taylor per Comig Back to you e lo smisurato talento di David Gray in Seems so long Nancy. Nora Jones che si accompagna all’oscura Steer your way rendendola soave, un delicato modo per raccontare il «passaggio».

E poi Bill Frisell con la versione paradisiaca di Like a bird on the wire e il sassofono ipnotico di Immanuel Wilkins in Avalanche. Mavis Staples in If it be your will, 83 anni, si accosta a Cohen con una sofferenza, una straordinaria voce carica di resa incondizionata e abbandono, quasi a spezzare una catena, un destino. Immaginiamo L. Cohen che con il sorriso dolce di chi ha smesso di attendere, portandosi il cappello sul petto, ringrazia Klein e tutti gli artisti che hanno partecipato per questo tributo. L.Cohen era solito inchinarsi ai suoi musicisti, in segno di rispetto, Here it is è il più bell’inchino che la musica potesse restituirgli.