Il prologo che ha aperto alla Pergola di Firenze l’omaggio di Glauco Mauri e Roberto Sturno al caro, vecchio Samuel, sinteticamente titolato En attendant Beckett, svela tutto l’appeal immaginifico di cui nel corso delle stagioni si sono nutriti i due, protagonisti di un sodalizio artistico esclusivo quanto felicemente longevo. L’atteso Godot, impaginato da Andrea Baracco, arriva in due tempi, immagini e parole, inanellando un affascinante circuito beckettiano, punteggiato di memorie personali, filologie interpretative, inedite apparizioni e emozionanti confronti.

Solletticato dalle musiche eseguite dal vivo da Giacomo Vezzani, scorrevano atti unici e radiodrammi, poesie, brani letterari, il docufilm Dal silenzio al silenzio di Seàn O’Mòrdha, dove il Nostro (notoriamente restio ai riflettori) si rivela in diretta per la prima volta, e infine, in sequenza, Atto senza parole affidato a Sturno e L’ultimo nastro di Krapp: Mauri davanti al magnetofono che dialoga con la sua voce di trentenne, registrata a Milano, ottobre 1961, teatro di via Manzoni, quando Krapp fece la sua apparizione in Italia, diretto da Franco Enriquez. Vale la pena ricordare che questo sbalorditivo «effetto eco», lo si deve alla Karim, etichetta discografica di ispirazione genovese, fondata fra gli altri da Guido Chiesa e Giuseppe De Andrè, il padre di Fabrizio (fu il suo primo studio di incisione) che lanciò anche una avveniristica collana in vinile dedicata al teatro.

Sempre con Baracco in cabina di regia e Vezzani a distillare suoni, il palcoscenico della Pergola accoglie fino a domani (scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta) la partitura a due voci, sveglia, fischietto, rimbombi, stridori e dissonanze di Finale di partita, spazio eclettico di umanità alla deriva, conteso da Mauri/Hamm, cieco, stizzoso, inchiodato su una poltrona a rotelle come fosse il trono di Lear, e da Sturno/Clov, schiavo badante assistente, figurina enigmatica che gli si agita perennemente attorno, ubbidiente e scocciato servo di scena che immagina una fuga impossibile. Abbandonati nei bidoni della spazzatura gracidano nudi, Nagg e Nell (Mauro Mandolini e Elisa Di Eusanio), i genitori di Hamm, relitti umani senza gambe, comparse di questa «no man’s land» di proporzioni umanissime, sfrattata l’incudine cerebrale, ridotta l’ambizione metafisica, decurtata l’angoscia esistenziale, che alla fine, la valigia di fianco a Clov, il fazzoletto sul viso di Hamm, sfuma, in una dissolvenza magrittiana.