Con un anno di ritardo a causa della pandemia, ieri si è alzato il sipario sui giochi olimpici di Tokyo 2020. La cerimonia inaugurale è stata aperta dal presidente del Cio, Thomas Bach, e dall’imperatore giapponese Naruhito. In tribuna, al fianco dell’inquilino della Casa imperiale non c’era l’imperatrice consorte Masako, la cui assenza assume un significato politico e sociale. Nelle scorse settimane, l’agenzia per la Casa imperiale nipponica aveva fatto filtrare che anche l’imperatore, come parte dei giapponesi, avesse il timore che l’evento possa trasformarsi in un mega cluster di contagi.

Ma le preoccupazioni imperiali non sono state accolte dal governo giapponese. Il premier Suga Yoshihide, in tribuna insieme a Naruhito, ha voluto a tutti i costi questi giochi olimpici, nonostante gli elevati costi. Tokyo 2020 è costata almeno 23,7 miliardi di euro tra rinvii e misure di prevenzione per il Covid: si stima che solo il posticipo di 365 giorni sia costato 2,4 miliardi di euro, due terzi dei quali coperti con fondi pubblici. Un bilancio nettamente superiore ai circa sei miliardi di euro previsti nel 2013, quando la capitale giapponese fu scelta per ospitare i giochi olimpici.

Tokyo 2020 doveva essere l’occasione per rilanciare il Paese, dopo il disastro nucleare di Fukushima del 2011. Era l’intenzione dell’ex premier Abe Shinzo, che alla cerimonia di Rio 2016 aveva promosso l’evento giapponese vestendo i panni di Super Mario. Ma Abe, che ha lasciato il timone del governo a Suga, ha deciso di non presenziare alla cerimonia di apertura, sfilandosi da un evento che avrebbe colpito la sua immagine politica.

La scelta di tenere le 32esime Olimpiadi a porte chiuse per l’impennata dei casi di Covid (ieri 1,359 contagi solo a Tokyo e in totale 100 positivi legati alle Olimpiadi) e l’introduzione dello stato d’emergenza nella capitale fino al 22 agosto pesa come un macigno su Suga. Il gradimento del premier è precipitato intorno al 35%, il minimo storico. I giapponesi giudicano negativamente l’operato del leader del Partito liberaldemocratico sulla gestione della pandemia di coronavirus e sulla decisione di ospitare le Olimpiadi. Parte della popolazione nipponica (il 55% secondo un recente sondaggio Reuters) è contrario allo svolgimento dei giochi. La pensano così anche Asahi, Panasonic, Fujitsu, Ntt e Toyota, gli sponsor nazionali che hanno ritirato i loro spot per non vedere associato il proprio marchio a un evento potenzialmente negativo.

Ma l’opposizione popolare non ha fermato i festeggiamenti nello stadio nazionale: in assenza di tifosi, tra spalti vuoti, circa 950 dignitari internazionali hanno visto la cerimonia d’apertura. Nell’intermezzo tra fuochi d’artificio e colonne musicali, nello stadio hanno riecheggiato i cori di protesta delle centinaia di manifestanti radunati all’esterno per protestare contro lo svolgimento dei giochi.

L’impopolarità di questa 32esima edizione è cavalcata anche da diverse delegazione straniere. Il team della Corea del Sud, rivale storico del Giappone, schernisce il governo nipponico per l’organizzazione della manifestazione, mentre il leader sudcoreano Moon Jae-in ha disertato la cerimonia d’apertura dopo un caso diplomatico scoppiato in vista dell’incontro tra Suga e Moon. All’evento assenti anche i funzionari cinesi che non hanno visto sfilare la delegazione più numerosa di sempre (777 persone), a testimoniare il difficile rapporto tra Tokyo e Pechino (che ospiterà nel 2022 le Olimpiadi invernali).

Il motto olimpico, cambiato dopo 127 anni, non è di buon auspicio per questi giochi: fuori e dentro il Giappone prevale infatti la disunione.