Sono due, incontrastate, le regine dell’autunno letterario che si rivolge a lerttori e lettrici giovani: l’inglese J. K. Rowling, diabolica creatrice della saga di Harry Potter da cinquecento milioni di copie, proiettata questa volta in atmosfere gotiche tra paludi malsane e mostri dagli occhi infuocati che incarnano l’atavica lotta tra il bene e il male, e l’americana della Pennsylvania Louisa May Alcott, che dal 1868 – anno in cui uscì il suo Piccole donne – ha regalato alle generazioni di tutto il mondo passionali eroine dell’autodeterminazione femminile come Jo.
La prima è tornata in libreria con una favola dark L’Ickabog (Salani, pp. 320, euro 19,80; nella versione audible è letta da Jasmine Trinca), una storia iniziata, dimenticata in qualche cassetto e poi rispolverata durante il lockdown perelargire qualche scossa alle serate uggiose dei propri figli. Ma sicuramente anche questa genesi è leggenda al pari dei personaggi che pullulano nel «minuscolo» e assai agitato regno di Cornucopia. Realissimi sono invece i disegni a corredo del testo, frutto di un «Torneo delle illustrazioni» che l’autrice ha indetto durante il confinamento, invitando bambini dai sette ai dodici anni a partecipare, leggendo online i capitoli. Ogni paese, confezionando l’edizione del libro, ha i suoi «vincitori artisti».

L’ALTRA QUEEN, vera penna best seller che attraversa i secoli – è Louisa May Alcott. La incontriamo con le sue Storie di Natale (racconti inediti), pubblicate dalle edizioni Clichy (pp. 230, euro 14, introduzione di Giovanni Maria Rossi, che ne cura anche la traduzione insieme a Francesca De Luca ). A presentare le brevi novelle è la stessa autrice: le attribuisce (escluse tre) a serate con le nipotine «durante la nostra ora di quiete», poi trascritte in diversi libretti azzurri sotto il titolo «La biblioteca di Lulu». L’inizio è un omaggio a Scrooge di Dickens dato in lettura alla viziata bambina Effie per farle far pace con il Natale. Alcott torna alle fiabe di elfi e piante magiche con un tono ironico e spumoso, muovendosi tra piccole Cenerentole, scatole fatate, paesi delle caramelle «spogliati» delle loro delizie dalla golosa Lily.
Fra gli scrittori diventati ormai dei classici a tutti gli effetti ricompare anche Michael Ende. Non è da solo perché di questo romanzo alla Robin Hood – Rodrigo Gambarozza e Scricciolo il suo scudiero (Dea, pp. 256, euro 15,90, illustrazioni di Regina Kehn, trad. Anna Carbone) – scrisse solo i primi tre capitoli. Non poté terminare l’opera, morendo nel 1995, a 65 anni. Lo ha continuato allora Wieland Freund, grande appassionato delle fantasticherie di Ende, tentando una fedeltà impossibile all’autore: non sapremo mai l’indice di gradimento di questo «sequel» obbligato. Con la versione cinematografica della sua Storia infinita gli esiti non furono fortunati: una battaglia legale durissima tentò di bloccare l’uscita del film, senza riuscirci.
Qui, invece, un bambino audace, scappato di casa in un mercoledì sferzato dal temporale, si aggira per una foresta poco rassicurante: Scricciolo non va a vuoto, cerca il «cattivo», il brigante Rodrigo di cui si favoleggia in paese. Vuole essere il suo scudiero e affidare la sua crescita a una vita fuorilegge, così da poter sconfiggere la paura. Ma non tutto è come sembra e dopo prove, giuramenti d’onore, passeggiate con ironiche principesse, tradimenti e un pappagallo con l’abitudine alla filosofia – d’altronde si chiama Socrate – le cose prenderanno decisamente un’altra strada e avrà a che fare con le compagnie di attori di teatro itineranti del Medioevo e le loro sagaci storie. Balletti di ruolo con veloci trasformazioni, tra realtà e finzione.

UN CAMBIO DELLE REGOLE – questa volta dettate dall’epoca storica – è al centro del romanzo di un altro tedesco come Fred Uhlman (in realtà, negli anni della sua fuga dal nazismo tra Parigi e Londra si mantenne sempre dipingendo e pure vendendo pesci tropicali). Il suo libro L’amico ritrovato compirà cinquant’anni nel 2021 – uscì negli Stati uniti nel 1971- e torna con Feltrinelli in una versione illustrata da Manuele Fior (che ha anche «interpretato» La vita davanti a sé di Romain Gary per Neri Pozza). La storia, costellata di pensieri più che fatti autobiografici, racchiusa in poco più di cento pagine (qui tradotte da Mariagiulia Castagnone e con l’introduzione di Arthur Koestler del ’76, pp. 112, euro 15) è molto nota: racconta dell’amicizia tra due compagni di scuola, Hans figlio di un medico ebreo e il riservato rampollo tedesco Konradin. Il sodalizio sboccia in una Stoccarda già attraversata dall’antisemitismo ma ancora non soffocata del tutto nella morsa del nazismo. Poi, il precipizio: Hans finirà in America partendo il giorno del suo compleanno in cerca di salvezza, Konradin subirà il fascino di Hitler. Eppure riserverà una sorpresa all’amico di un tempo, quando Hans – circa trent’anni anni dopo la loro separazione – cercherà il suo nome in una lista di studenti del Karl Alexander Gymnasium che avevano frequentato insieme. «Un romanzo in miniatura – lo definisce Koestler – Fred Uhlman raggiunge mirabilmente il suo scopo, forse perché i pittori sanno adattare la composizione alle dimensioni della tela, mentre gli scrittori, sfortunatamente, dispongono di una quantità illimitata di carta».

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IL FASCISMO e la persecuzione degli ebrei sono il controcanto tematico anche di Pane e ciliegie, scritto con grande misura e notevole ritmo narrativo da Anna Sarfatti (Mondadori, pp. 182, euro 16, illustrazioni di Serena Riglietti), dove si ripercorre la biografia di Israel Kalk e della sua Mensa dei Bambini di via Guicciardini a Milano. Creata nel 1939, era il luogo dove confluivano molti piccoli profughi ebrei. Unica condizione per essere ospiti di questa speciale «casa» era frequentare la scuola. Kalk, ebreo lituano, sfuggito ai pogrom zaristi e accolto da uno zio a Milano (lo vediamo dal vero in alcune fotografie nell’ultima parte del libro), aveva imparato sulla sua stessa pelle che le «difficoltà prima o poi si appianano, e con questo principio aveva nutrito l’ottimismo che da sempre lo caratterizzava». Le storie private degli ospiti si intrecciano ai fatti della storia, mentre emozioni, tristezze, feste e nuove sfide attraversano le esistenze sempre più sospese degli ebrei col precipitare degli eventi.

A tracciare un altro forte ritratto, immergendosi nell’infanzia e prima età adulta di Bonaparte con l’espediente narrativo del racconto i rivolto a una ragazzina inglese, Betsy Balcombe, durante l’esilio a Sant’Elena, è Ernesto Ferrero nel suo Il giovane Napoleone (Gallucci, pp. 122, euro 11,50). È così che l’imperatore di Francia, 45enne annoiato e un poco imbolsito, che si aggirava sfaccendato sul cavallo nero per l’isola, divenne amico dell’impertinente Betsy e cominciò a raccontare di sé bambino, «nervoso, di poche parole, dalla testa dura, come tutti i Còrsi».