«Gli anticorpi hanno funzionato: abbiamo annullato 300 preiscrizioni ma il tesseramento in Campania è regolare»: una settimana fa Emanuele Fiano era arrivato a Napoli, inviato dal Nazareno, per liquidare i sospetti sulle iscrizioni 2016 al Pd. Dopo 7 giorni le polemiche si sono moltiplicate e la procura di Santa Maria Capua Vetere ha aperto un’indagine conoscitiva sul tesseramento a Caserta: il segretario cittadino, Enrico Tresca, avrebbe presentato 189 iscritti (il 25% del totale) l’ultimo giorno utile «senza rendere noti i nomi, gli estremi identificativi e le quote di adesione» denunciano dieci dirigenti casertani. Il sospetto è che dietro le sottoscrizioni gonfiate si nascondano tentativi di scalare un partito senza controlli. Scalate fatte pure con truppe di centrodestra, ad Avellino i nuovi sospetti: secondo fonti dem, risulterebbero 2.008 tessere fatte on line. Un dato particolarmente allarmante perché in città ci sarà il congresso provinciale straordinario. Lunedì sera il presidente della Commissione congresso, Lorenzo Guerini, ha precisato che, delle 2.008 preiscrizioni irpine, il nazionale ne ha giudicate valide solo 529 e alla fine potrebbero esserne ratificate solo un centinaio.

Il sospetto è quasi certezza a Vico Equense, dove si sono iscritte al Pd persone vicine al centrodestra. Stesso copione a Pomigliano d’Arco. Dubbi sul tesseramento on line a Castellammare di Stabia, con 130 tessere pagate da una sola carta di credito. E poi i casi di Napoli: annullato l’ultimo giorno di tesseramento a Miano; a Bagnoli sono stati accettati solo i 210 rinnovi; a San Cario all’Arena 32 nomi sono stati girati alla Digos. Bloccato il tesseramento on line a Poggioreale, Pendino, Mariglianella e nel comune di Torre del Greco. Domani l’anagrafe degli iscritti approderà a Roma e verrà certificato il dato finale, mentre il presidente della commissione adesioni del provinciale di Napoli, Massimo Carrano, si è dimesso denunciando il tentativo «di insabbiare» le anomalie.

I disastri per il Pd in città si moltiplicano e Roma non riesce più a mettere il silenziatore. Un nuovo conflitto è esploso lunedì, quando i tre dem superstiti hanno sfiduciato Valeria Valente da capogruppo nel consiglio comunale di Napoli. Sulla parlamentare pesa l’inchiesta Listopoli: i candidati inseriti a loro insaputa nella civica che la sosteneva nella corsa a sindaco. La sfiducia sarebbe dovuta arrivare tre settimane fa, ma per quasi un mese Matteo Orfini (sponsor di Valente) e Guerini hanno imposto ai consigliere di ritirare l’atto. La pattuglia dei Giovani turchi due anni fa era molto numerosa in città poi sono cominciate le defezioni, adesso a Orfini restano Valente e la parlamentare irpina Valentina Paris, così è scattata la difesa a oltranza. Difronte all’insubordinazione sono arrivate le minacce: «Il Pd non può essere una federazione di correnti che sembrano stare insieme solo per organizzare le filiere delle preferenze – ha scritto Orfini -. Spero che quanto accaduto spinga a una spontanea riflessione. Se così non fosse, sarà inevitabile imporla all’ordine del giorno».

Una riflessione che il reggente del Pd non ha imposto quando Valente siglò l’accordo con Ala di Verdini e neppure dopo le intercettazioni dell’inchiesta Consip, in cui Alfredo Romeo raccontava a Italo Bocchino della richiesta di appoggio alle comunali fattagli da Valente. Silenzio anche su Listopoli. Gli indagati sono tre: il consigliere comunale Salvatore Madonna (autosospesosi dal Pd) che ha autenticato le firme; il compagno di Valente, Gennaro Mola, sospettato di essere il regista dell’operazione; Renato Vardaro che ha ammesso di aver inserito parte dei dati degli ignari candidati e ha confermato che il dominus della lista sarebbe stato Mola.