Il kinetoscopio di Edison viene introdotto per la prima volta in Giappone nella città di Kobe nel 1896, l’anno successivo a Osaka sarà invece la volta delle prime proiezioni con il cinématographe dei fratelli Lumière. Da lì a pochi anni questa nuova tecnologia si evolverà, anche nell’arcipleago giapponese come nel resto del pianeta, percorrendo quella sottile linea che separa il regno dell’industria da quello dell’arte.
In più di un secolo di storia, il cinema giapponese è passato attraverso, ed inevitabilmente è stato influenzato, dagli accadimenti nell’arcipelago, vivendo periodi di crisi e altri di fulgore. Da un punto di vista sia produttivo che artistico, quelle che oggi vengono considerate le due epoche d’oro del cinema giapponese sono gli anni Venti e gli anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso.

Soprattutto questi ultimi sono ancora visti come una fra le epoche più importanti per la cinematografia mondiale: fu infatti il periodo che fece conoscere anche al resto del mondo i film del Sol Levante ed i suoi grandi registi ed interpreti, Akira Kurosawa e Kenji Mizoguchi prima di tutti. I luoghi del cinema, dove cioè si producevano e si producono ancora oggi la maggior parte dei film, erano Tokyo e Kyoto, quest’ultima conosciuta come la Hollywood nipponica.

NEL 2015 Yoneo Ota, professore dell’Università di Osaka, amareggiato dal fatto che in una città dalla storia così profondamente legata a quella del cinema come Kyoto non ci fosse un museo della Settima arte, decide di aprirne uno lui stesso: il Toy Film Museum. In realtà questa storia ed i motivi che spingono Ota a intraprendere questa avventura cominciano molto prima, e precisamente nel 2003. È allora che Ota, assieme ad altri appassionati del settore, decide di iniziare il progetto omocha eiga: cercare, scoprire, restaurare e proiettare i cosiddetti omocha eiga (toy film), i film che cioè – principalmente nei primi tre decenni nel secolo scorso – venivano proiettati nelle abitazioni private come una sorta di passatempo casalingo.

Si trattava di solito di film brevi, per la maggior parte tagliati da quelli mostrati nelle sale, ma anche di materiale originale, che venivano venduti per la fruizione fra le mura domestiche. Naturalmente si trattava di film muti che potevano essere proiettati grazie a piccoli ma funzionali proiettori a manovella, molti di questi prodotti in Europa e negli Stati Uniti. Non solo proiettori e formati ancora oggi conosciuti, come il Pathé Baby ad esempio, ma anche proiettori capaci di mostrare film in 35 millimetri.

SI TRATTAVA comunque di piccole macchine e questo perché non esisteva ancora il cinema sonoro, quindi era possibile mantenere attrezzature dalle dimensioni abbastanza ridotte. Tanto in Europa e in America che nell’arcipelago, questa industria per l’intrattenimento domestico fiorì fino agli anni Trenta, ma è tuttora quasi sconosciuta al grande pubblico, per motivi che cercheremo di chiarire più avanti. La missione del Toy Film Museum e del suo fondatore è così quella di scovare e preservare la maggior parte dei film e dei proiettori prodotti durante quel periodo per mantenere viva la memoria. Molti di questi brevi film sono un testamento importantissimo, anche al di là della pura storia del cinema: rappresentano infatti un archivio storico delle abitudini, dei gusti e dei costumi dell’epoca, capace di presentare ai nostri occhi un frammento di una periodo passato.

FRA LE VARIE scoperte del Toy Film Museum, forse la più eclatante dal punto di vista prettamente cinematografico è quella fatta nel 2016, quando una copia di Tokkan Kozo (A Straightforward Boy, 1929) di Yasujiro Ozu, più lunga di quella precedentemente conosciuta, fu trovata e restaurata.
Il piccolo museo si trova in un antico edificio in una zona centrale di Kyoto, una casa un tempo usata per la colorazione dei tessuti. Benché più simile a un laboratorio artigianale che a un museo vero e proprio, il luogo è davvero una gioia per il cinefilo. Sono messi a disposizione del visitatore infatti, che può toccare e maneggiare tutto il materiale in esposizione, decine e decine di antichi proiettori casalinghi, da quelli prodotti in America, a quelli tedeschi o francesi, fino a quelli giapponesi.

Ma essendo un luogo dedicato a tutto ciò che abita quella zona indistinta che si estende dal pre-cinema ai primi vagiti della nuova tecnologia visuale, sono in esposizione anche lanterne magiche, dagherrotipi, ambrotipi, traumatropi e zoetropi.
Una vera e propria rivelazione per chi scrive, è stato scoprire l’esistenza dei kami firumu o pepa firumu (paper film): film di carta in poche parole, una tecnologia che sembra sia stata inventata ed utilizzata solo nell’arcipelago, a partire dal 1933. Invece di immagini su celluloide si tratta di immagini su carta, stampate o disegnate, animazioni o actualities, con le prime spesso a colori sgargianti.

IL PROCEDIMENTO che permette la visione di questi film di carta differisce lievemente da quello dei film «tradizionali» in celluloide: all’interno del proiettore le immagini vengono infatti illuminate, e proiettate quindi all’esterno attraverso uno specchio. Esistevano di fatto solo due compagnie giapponesi che si specializzarono nei kami firumu e si fecero concorrenza nella breve vita di questo tipo di film: la Home Talkie e la REFCY. Il museo oltre a esibire alcuni dei proiettori di queste due aziende, conserva numerosi film di carta, e spesso organizza delle proiezioni speciali e dei workshop per bambini e non, in modo da trasmettere ai più giovani la memoria di una tecnologia oramai in disuso.

I film di carta e l’intera industria e produzione di questi lavori e dei proiettori «casalinghi», subì un improvviso e tragico arresto verso il 1938, anno in cui la nazione asiatica cominciò a usare tutto il metallo disponibile – quindi anche quello che veniva usato per i proiettori e l’argento della celluloide – nel processo di disperata costruzione di armi da usare nel conflitto mondiale. Dopo la disfatta della guerra, le condizioni sociali ed economiche del Giappone non permetterono più l’attecchimento di un fenomeno come quello dei film «casalinghi», anche perché il cinema, ora con l’aggiunta del sonoro, si era già evoluto in altre direzioni più grandiose e spettacolari. Il periodo dei toy film rimane quindi oggi come una sorta di sogno passato, l’orma lasciata da un’antica tecnologia su una società, che è esistita per pochi anni per poi venire dimenticata.