Vive ormai su un barcone posteggiato lungo un canale di Amsterdam, lontano dalla città dove ha amato, odiato, fatto militanza politica per poi diventare un detective privato grazie o per colpa del Socio, il suo doppio che si desta di notte, in una successione schizofrenica, per prendere possesso del suo corpo e della sua mente. Ha lasciato infine Milano dopo una brutta storia, che gli ha lasciato una calotta di titanio in testa, frammenti di un bossolo di pistola nella carne e il sospetto cucito addosso di aver coperto quel gruppo di poliziotti corrotti e spacciatori che ha tentato di ucciderlo. Insomma, è ritenuto uno mezzo infame che fa lingua in bocca con le guardie. Sospetto tanto più bruciante se lo veicolano i suoi vecchi amici militanti.

IL GORILLA FA PERÒ SPALLUCCE. Ha messo chilometri di distanza da quel passato. O almeno pensava di averlo fatto fino a quando la notizia della morte di un militante del suo centro sociale non lo porta di nuovo nella città chissà perché considerata l’unica metropoli europea made in Italy.

Questo nuovo romanzo firmato Sandrone Dazieri (La danza del Gorilla, Rizzoli, pp. 237, euro 18) è un continuo andirivieni tra passato remoto, passato prossimo e presente. Lo scrittore torna con il personaggio che lo ha visto esordire molti anni fa dopo essersi cimentato con il giallo classico. In questo romanzo, il Gorilla è rappresentato come un residuo di una antica era geologica sconvolta da una qualche forma di apocalisse esistenziale, mentre sono trascorsi poco meno della metà degli anni di vita del protagonista; e di apocalittico non c’è stato granché da annotare. Semmai sono svanite le speranze dei centri sociali, luoghi dove è cresciuto il Gorilla, di diventare, agli inizi degli anni Novanta del Novecento il polo attrattivo di un nuovo assalto al cielo. Ciò, è cronaca, non è accaduto. Amaramente, si legge nel romanzo, che chi li ha attraversati, i centri sociali, si sente come un sopravvissuto a un piccolo terremoto sociale e politico, anche se non c’è tuttavia grande interesse a capire genesi e sviluppi di quell’insuccesso.

Il Gorilla si muove comunque nella Milano dei margini, quella che non compare nei depliant stampati e diffusi on line per attirare capitali e il turismo ricco. Ci sono spacciatori, traffichini, speculatori di piccolo cabotaggio, poliziotti venduti agli immobiliaristi. E preti di strada che non sfigurerebbero in un romanzo del primo Steinbeck. Poi ci sono loro, i militanti che non hanno appeso nessun giaccone al chiodo e che non si tirano mai indietro per continuare a fare le cose giuste anche se condotte con ogni mezzo necessario, compresa una quota sicura di illegalità. O meglio di produzione di nuova legalità.

TUTTO RUOTA attorno a una zona finita nelle mire di una rapace impresa immobiliare. Una proprietà dove l’amico del Gorilla lavorava e che usava come retrovia per operazioni umanitarie a favore di migranti irregolari. Giornali, polizia e magistrati vogliono far credere che l’uomo facesse affari sulla pelle dei poveracci, ma la storia non è sempre quella che le verità istituzionali postulano essere. Il Gorilla si sbatte per fare luce sull’accaduto.

È LA PARTE PIÙ AVVINCENTE del romanzo, quella della discesa negli inferi delle nuove periferie e del mondo a parte, che si muove a ridosso dei nuovi quartieri fighetti firmati da Gae Aulenti, lavorando come inserviente o donna delle pulizie. Insomma quel variegato mondo sottosopra delle global city o aspiranti tali.

Ma il Gorilla sa destreggiarsi anche tra magistrati carogne che vogliono chiudere il vaso di pandora delle nuove schifezze speculative milanesi. Sa che il rapporto tra economia legale e criminale è un divenire ormai globale che plasma i conflitti per la rapina privata delle materie prime in Africa. Serve dunque una via d’uscita. A lui e al Socio il compito di trovarla. Assieme però a personaggi che meriterebbero di essere meglio definiti, come un avvocato che mette la toga per continuare ad essere un militante. La donna medico che capisce molto più della vita di chi invece si vuol spacciar per uomo navigato.

LA TRAMA, il plot narrativo ha un ritmo talvolta simile alla trap. Una musica che può piacere, ma dalle sonorità inedite per il Gorilla. Che forse meriterebbe ballate alla Bruce Springsteen. O, per chi scrive, le note sporche dei primi U2.