Sarà una Festa! di nome e di fatto ad aprire l’11 settembre l’edizione 2020 di Torinodanza Festival. Un incontro partecipativo nello spazio esterno delle Fonderie Limone di Moncalieri, guidato dal guizzo della coreografa Silvia Gribaudi che ha iniziato l’anno scorso il progetto Corpo Links Cluster giocato sugli sport alpini nelle comunità montane del Piemonte.

LEI COME ALTRI nomi confermano lo spirito di una manifestazione che coltiva un rapporto di crescita e collaborazione con gli artisti, molti dei quali tornano a Torinodanza, festival intitolato non a caso Dance me to the end of Love, con progetti che si ampliano anno dopo anno.
«Ci siamo interrogati» dichiara Anna Cremonini, direttrice artistica del festival realizzato dal Teatro Stabile di Torino Teatro Nazionale «su come portare un programma, che era già definito, nella dimensione in cui oggi siamo costretti a vivere. Sono partita coinvolgendo tutti gli artisti con cui avevamo un impegno, ci sono state delle belle risposte e insieme abbiamo costruito il percorso 2020».

Un cartellone in cui la danza, il corpo, trova la strada, nonostante la pandemia, per non abbandonare la scena, per incontrare di nuovo il pubblico. Non si danzerà al Teatro Regio, che di solito ospita l’apertura, ma tra le Fonderie Limone e il Teatro Carignano la danza dialogherà con la città. «Il Carignano» sottolinea con orgoglio Filippo Fonsatti, direttore dello Stabile «è riaperto dal 15 giugno con una lunga programmazione estiva di tre mesi, resa possibile dalle istituzioni pubbliche e private che sostengono con vigore la nostra vita».

MOLTI GLI ITALIANI di questa edizione. Oltre a Gribaudi, Daniele Ninarello, Carlo Massari, Marco Chenevier, Mario Coccetti in collaborazione con il Festival Interplay, tornano Simona Bertozzi (2, 3 ottobre) con la prima nazionale di Tra le linee, sulle composizioni di Beethoven, e Marco D’Agostin (7, 8 ottobre) con Best Regards dedicato al geniale volto del physical theatre, Nigel Charnock. «Anni fa avrei dovuto lavorare con lui, poi è mancato. Il mio pezzo sarà una sorta di veglia funebre pop su una mia canzone» anticipa l’autore. Ambra Senatore, altro nome caro al festival, dalle Fonderie Limone, dove è in prova, racconta cosa significa reimpostare un pezzo pensando a una visione della danza con i corpi a distanza: qualcosa che incide profondamente su relazioni e spazio scenico.

In coproduzione con il festival Mito e MilanOltre, Cristina Kristal Rizzo debutta con la novità Toccare – The White Dance, musica di Jean-Philippe Rameau, direzione musicale di Ruggero Laganà. In cartellone il Leone d’argento 2020 della Biennale Teatro, Alessio Maria Romano con Bye Bye: «Il tema della censura mi era stato affidato l’anno scorso da Latella, direttore della Biennale Teatro: sono felice di portare questa novità anche a Torino, la sto ripensando, riflettendo con i miei cinque danzatori e con la mia drammaturga come una situazione come quella che stiamo vivendo possa censurare la nostra possibilità di esserci».

E SUL FRONTE internazionale? Per forza maggiore alcune cose sono spostate all’anno prossimo, ma non mancano presenze di spicco: Sidi Larbi Cherkaoui, artista associato del festival, è al Carignano con 3S, Alan Lucien Øyen, il duo Wang / Ramirez e Hofesh Shechter firmano un trittico di soli e duetti: Hofesh rimette in scena per un’interprete donna un suo solo del 2005, dopo tanti lavori collettivi. Shantala Shivalingappa, artista indiana già interprete di Pina Bausch e Peter Brook, chiuderà il 22 e 23 ottobre con il formidabile aSH di Aurélien Bory, una riflessione sulla natura della danza che ritorna a Shiva.
In programma anche il debutto italiano del terzo capitolo della Trilogia dell’amore, The Brutal Journey of the Heart (17/18 settembre, Carignano) degli israeliani Sharon Eyal / Gai Behar. Slitterà solo se la situazione epidemiologica dovesse rifarsi drammatica. In scena dieci interpreti: che sia la danza a vincere.
www.torinodanzafestival.it