Torino vuole votare contro i Cie. Anche contro il suo, in corso Brunelleschi, troppo spesso teatro di «sofferenze e umiliazioni» per i migranti, come ha denunciato, il 21 dicembre scorso, suor Anna del Centro di via Santa Maria Mazzarello. E come, tra l’altro, avevano fatto negli anni associazioni, movimenti e pezzi della frammentata sinistra, che si sono battuti – spesso nel silenzio – contro quella mostruosa creatura partorita dalla Turco-Napolitano con il nome Cpt e diventata Cie (centro di identificazione ed espulsione) in era berlusconiana.

Ora le denunce diventano una mozione in consiglio comunale, primo firmatario Marco Grimaldi di Sel, che chiede «al governo di superare nel più breve tempo possibile questa formula disumana e dispendiosa». A sottoscriverla, oltre al collega di partito Curto, ci sono anche 8 consiglieri del Pd e uno dei Moderati. Un’area che testimonia un cambio di passo, magari in ritardo ma significativo. «Anche i meno sicuri del fallimento dei Cie – spiega Grimaldi – si sono accorti di come siano luogo di una inqualificabile violazione dei diritti umani. È contata l’esperienza di Khalid Chaouki, ma pure quelle di diverse donne del Pd, che hanno visto con i propri occhi una realtà troppo spesso taciuta. I sopralluoghi hanno tolto l’ultimo velo di ipocrisia».

Il documento verrà approvato, salvo sorprese, lunedì in consiglio comunale. Che farà il sindaco Fassino? «Spero che abbia cambiato idea e non rimanga l’ultimo del suo partito a difendere quelle carceri a cielo aperto», si augura Grimaldi, che tra l’altro è stato recentemente il primo firmatario dell’ordine del giorno, approvato, sulla legalizzazione della cannabis a scopi terapeutici e ricreativi. Il testo contro i Cie impegna il sindaco a battersi su tre fronti. Primo: chiedere al governo di chiudere la struttura di corso Brunelleschi. Secondo: ribadire a tutte le istituzioni, dal prefetto al parlamento, che i Cie sono «un’esperienza fallimentare e vanno superati e in seguito definitivamente chiusi, sottolineando che rinchiudere immigrati senza documenti sino a 18 mesi è una inqualificabile violazione dei diritti umani oltre che uno spreco di risorse pubbliche». Terzo: invitare «il parlamento a prevedere una nuova legislazione che abroghi la Bossi-Fini, sancendo che ogni forma di limitazione della libertà personale degli stranieri deve essere conforme all’articolo 13 della Costituzione».

Secondo gli ultimi dati, nel Cie di corso Brunelleschi sarebbero recluse 85 persone (73 uomini e 12 donne), in condizioni precarie sia dal punto di vista materiale che psicologico. Una su tre usa ansiolitici e antidepressivi. Tre anni fa, il costo sostenuto per l’ampliamento della struttura è stato di 14 milioni di euro, 78 mila euro a posto letto. Ma, attualmente, i posti, che dovevano diventare 210, sono tra i 70 e i 90; gli altri sono stati resi inagibili da incendi e rivolte.

A chi lo critica per aver proposto atti più dal valore simbolico che effettivo (il comune non può legiferare su cannabis e Cie), Grimaldi risponde: «Sono senza effetti pratici il fondo salvasfratti, l’iniziativa sull’emergenza freddo perché nessuna persona fosse lasciata sola, la residenza virtuale per i profughi, il superamento, senza sgomberi, dei campi abusivi rom lungo la Stura? Che come comune ci pronunciamo contro la Bossi-Fini e contro la Fini-Giovanardi ritengo sia importante. Lunedì, all’interno del nuovo piano urbanistico, chiederemo che per i prossimi 2 anni il 10% delle nuove abitazioni sia destinato all’edilizia pubblica e il 10% degli alloggi a giovani precari».