In ordine alfabetico:

1. Battlefield 1
Stupenda rievocazione per nulla compiaciuta della più terribile tra le guerre.

2. Deus Ex: Mankind Divided
Deus Ex in tutto il suo splendore narrativo.

3. DOOM
Tornano i demoni e tornano le armi necessarie per debellarne l’invasione.

4. The Last Guardian
Dopo meraviglie videoludiche come Ico e Shadow of the Colossus, abbiamo aspettato 10 anni il nuovo monumento della poesia in bit di Fumito Ueda: potevamo non inserirlo tra i titoli dell’anno?

5. Mafia III
Imperfetto ma terribilmente coinvolgente: in parte per il carisma del protagonista (un nero come non se ne vedono spesso nei videogiochi), in parte per il mix di azione e di tattica, in parte per la meravigliosa ricostruzione della New Orleans anni ’60.

6. No Man’s Sky
L’esplorazione alla sua massima potenza (almeno per quel che è oggi immaginabile e realizzabile).

7. Pokemon Go
Ormai non so se ci stia giocando ancora qualcuno, ma è stato il tormentone, l’ossessione, il cataclisma dell’anno. Se ne sono accorti addirittura i TG…

8. That Dragon, Cancer
Se un videogioco può parlare della relazione di un padre col piccolo figlio malato di tumore, allora il medium videoludico è adulto. That Dragon, Cancer è quel videogioco.

9. The Town of Light
Non solo di tumore parlano i videogiochi di quest’anno, ma anche di follia e dei modi barbari con cui veniva «curata»: isolamento, droghe, elettroshock, lobotomia.

10. Uncharted 4: Fine di un ladro
Nathan Drake siamo noi, giocatori non più giovani, che vengono stracciati ai classici in cui si considerano campioni da ragazze e ragazzi per cui questi classici non sono che «retrogame». E i videogiochi a differenza di altri media (il rock?) continuano a parlare trasversalmente a generazioni diverse, a maschi e a femmine, dando ad ognuno la possibilità di essere qualcun altro e liberandolo dalla necessità di essere fedele al proprio ruolo. Uncharted 4 riesce ad essere tutto questo «limitandosi» ad essere un buon gioco d’avventura.