Stasera Fuori orario, il solo spazio di cinema rimasto nella tv generalista – propone in prima visione Tommaso di Abel Ferrara – Raitre, dalle 00.50. Un film piccolo nel budget, ma di intensità speciale con cui il regista americano che da tempo vive a Roma, continua su un piano diverso quel suo lavoro semi-autobiografico alla base di un ciclo di suoi documentari. Di Tommaso potremmo dire che è un’ autofinzione in cui Ferrara proietta la sua vita sull’attore protagonista, il suo attore icona e amico fraterno, Willem Dafoe, che vediamo «diventare» Ferrara davanti ai nostri occhi – il modo di camminare, l’abitudine di tirarsi su i pantaloni da dietro, di spalmarsi indietro i capelli, le smorfie. Il racconto segue il quotidiano di questo personaggio, Tommaso appunto, artista americano che abita a Roma, a Piazza Vittorio – dove vive anche Ferrara, ed è sua la casa-set del film – con la giovane moglie Nikki (Christina Chiriac, consorte del regista) e la loro figlioletta Dee Dee (Anna Ferrara, la loro bambina).

TOMMASO è al lavoro su un nuovo progetto che si girerà in Russia – Siberia, di cui Dafoe è il protagonista – le sue giornate si dividono tra la preparazione del film, la vita famigliare, le discussioni con la compagna che non condivide la sua visione di «famiglia» e vuole essere lasciata in pace, senza obblighi – anche perché a sua volta si porta dietro l’esperienza di un’infanzia traumatizzata.

Del passato di Tommaso scopriamo alcuni dettagli durante le riunioni degli alcolisti anonimi che frequenta regolarmente: la droga, un’altra famiglia in America, i tentativi falliti di rehab, le botte, gli ospedali. Narrazioni e frammenti di vita col narcisismo dell’artista, i capricci mai domati, la paura di nuove vertigini dolorose, le ragazze che gli piacciono, l’autoironia di un machismo un po’ da commedia che gli fa sognare la bella barista svestita… Ma oltre e dentro questa «routine» di una nuova serenità fragilissima – e nell’eleganza formale delle immagini fotografate da Peter Zeitlinger – ciò che rende Tommaso un esperimento riuscito è proprio la «fusione» sempre messinscena di esistenze.

DICE Ferrara: «Io mi perdo in Tommaso. Willem è seduto proprio accanto a me, io conosco Willem, ma non importa. È seduto proprio lì, ma io mi ci perdo dentro. E poi comincio a portare me stesso nel film, cosa che credo sia un po’ folle qui visto che inizia da elementi di vita davvero miei, ma in realtà Tommaso diventa un personaggio per me. Lui non è me. Lui è un personaggio, come tutti i personaggi che creiamo». È abbastanza chiaro che Ferrara attinge qui dalla sua biografia, così come anche in Siberia dove il viaggio e il vagabondaggio dalle strade intorno al quartiere romano si sposta nel profondo della sua mente – e dei suoi fantasmi più intimi – e però siamo – appunto – sempre davanti a un personaggio, a un altro da sé, che nel prendere vita grazie al suo attore si fa finzione, storia, cinema. Tommaso è dunque nella sua immediatezza un «oggetto» di profonda riflessione teorica in cui Ferrara ci mostra, sino al disvelamento, il processo di invenzione narrativa che rende tutto possibile, quella messinscena che regala verità all’immagine riempendola di desiderio.