La domenica mattina è ancora oggi in Giappone un momento della settimana molto atteso dalle generazioni dei più giovani: la fascia televisiva di questo giorno di festa infatti è, da moltissimi anni, dedicata principalmente ai bambini. Al di là delle serie animate, gli altri programmi di punta sono le variazioni di due serie tokusatsu iniziate negli anni settanta: Kamen Rider, l’eroe mutante mascherato in sella ad una moto, e Himitsu Sentai Goranger, un gruppo di eroi dotati di superpoteri. L’immaginario sviluppato nei decenni dal genere tokusatsu (film e serie tv incentrate sugli effetti speciali) ha contribuito a plasmare un’importante fetta della cultura popolare del Sol Levante, allo stesso modo ed in maniera parallela a quanto fatto dall’animazione, ma con un impatto internazionale meno forte ed appariscente. La storia delle serie televisive con effetti speciali create e trasmesse dal dopoguerra in Giappone, ma anche in Italia e nel resto del mondo, è esplorata in Tokusatsu. I telefilm giapponesi con effetti speciali dalle origini agli anni Ottanta: un volume scritto da Massimo Nicora per la Società Editrice La Torre.

NICORA, che aveva già dedicato alla cultura pop dell’arcipelago un altro voluminoso libro dedicato alla «preistoria» dei robottoni giapponesi, qui si cimenta in un’impresa simile ma allo stesso tempo molto diversa. Perché, se come si diceva l’animazione giapponese è oramai un campo conosciuto e studiato, anche a livello accademico, in tutto il mondo, quando si affrontano i telefilm tokusatsu ci si inoltra in un continente inesplorato ai più. Proprio per questo il volume risulta di grande interesse, perché sonda zone della cultura giapponese che di solito si conoscono e si frequentano poco ed accompagna il lettore alla scoperta di serie televisive e di vere e proprie icone culturali che oggi si possono riscoprire grazie ad internet.
Uno dei punti nodali di questa storia è Gojira (Godzilla) il film di Ishiro Honda del 1954 che lanciò il genere tokusatsu in tutto il mondo. Nicora ci ricorda che l’utilizzo dei costumi di lattice invece della stop motion «rappresenta una delle novità principali di questo nuovo modo di interpretare il concetto di effetti speciali». E che «il merito di avere introdotto questa innovazione spetta a Eiji Tsuburaya». Tsuburaya è una delle figure più importanti nella cultura popolare giapponese, non solo quella legata agli effetti speciali: è infatti grazie alla Tsuburaya Production che fra gli anni sessanta e settanta vedono la luce alcuni dei mostri e degli eroi che più hanno contribuito a plasmare l’immaginario collettivo nipponico.

IL 17 LUGLIO del 1966 viene trasmessa sulle televisioni giapponesi la prima puntata di Ultraman, sulle avventure di un ragazzo fusosi con un alieno che protegge la terra dagli invasori. La serie nasce dalle ceneri della precedente Ultra Q, ispirata all’americana Ai confini della realtà, ma da questa si differenzia, in primo luogo perché è a colori e poi per il pubblico di riferimento più giovane. Il successo è tale che il personaggio ritornerà in infinite variazioni per i successivi decenni ed in vari media. L’apogeo del genere tokusatsu in tv viene raggiunto negli anni settanta, quando un cinema in netta difficoltà economica spinge la televisione a diventare il campo di battaglia dove si riversano le energie creative ed economiche dell’arcipelago. Le grandi compagnie produttive come la Toho o la Toei, ma anche nomi provenienti dal mondo dei manga o da quello dell’animazione come Osamu Tezuka, Go Nagai e Shotaro Ishinomori, sperimentano la strada televisiva. È proprio quest’ultimo a diventare l’altro grande nome del tokusatsu in tv: il famoso mangaka è la mente dietro a molti dei successi più eclatanti degli anni settanta. Sono di Ishinomori le due serie di cui si scriveva in apertura: Kamen Rider e Himitsu Sentai Goranger. L’eroe mutante in motocicletta debutta nel 1971, lanciando il cosiddetto henshin boom. Ancora Nicora: «Non più mostri ed eroi giganti come Godzilla o Ultraman, ma persone comuni che attraverso un processo di trasformazione (henshin) si tramutano in supereroi dalle tute sgargianti e dagli straordinari poteri». Questo passaggio si lega ed è potenziato dalla commercializzazione dei giocattoli e dei gadget legati alle serie televisive: ancora oggi le varie cinture o gli altri oggetti che permettono la trasformazione dei protagonisti rappresentano un grosso introito per i programmi stessi. Ma gli eroi giganti non scompaiono del tutto, uno dei maggiori successi di inizio decennio è Spectreman della P-Productions, mentre nel 1979 debutta Megaloman, un insuccesso in Giappone, ma quella che Nicora afferma essere la serie giapponese dal vivo che più ha avuto successo nel nostro paese. La bianca chioma leonina, ispirata al teatro tradizionale giapponese (ma che ha evidenti paralleli anche con lo stile visuale del glam rock) è senza dubbio uno degli elementi, insieme ad un indubbio tocco kitsch, che più catturò gli spettatori italiani dell’epoca.

CONCLUDE il volume un’interessante trattazione della supermarionation: una vera e propria analisi storica di come il filone delle marionette animate in stop motion abbia prima attecchito (ad esempio con Thunderbirds) e poi si sia sviluppato proprio con serie televisive spaziali quali X-Bomber.