Ci voleva un incendio che ha coinvolto tutta la città per fare capire la gravità dell’emergenza del tmb di Salario?

Non bastavano sette anni e mezzo di mobilitazione, una manifestazione con duemila persone il 6 ottobre scorso, 4mila rilevazioni di 300 famiglie che abbiamo raccolto quest’estate, centinaia di segnalazioni e denunce alla Asl, la polizia, a ogni possibile istituzione, due inchieste aperte alla procura, una relazione dell’Arpa di nemmeno quindici giorni fa che fotografa una situazione da brividi dell’impianto (rifiuti che non riuscivano a essere trattati, una percentuale di scarti superiore al doppio di quella standard, nessun riciclo di materiale, indice di putrescenza di quattro volte e passa superiore a quello autorizzato); non bastava l’allarme di medici di zona, dei farmacisti che lamentano l’aumento non solo delle medicine legate alle patologie respiratorie ma anche di psicofarmaci e sonniferi, dei pediatri che denunciano che nel 70 e passa per cento dei casi i bambini della zona soffrono di problemi respiratori, il fatto che i negozi di zona chiudano, che il prezzo delle case si è ridotto a un terzo di quello che era dieci anni fa, che i bambini vadano con le mascherine a scuola, che i parroci segnalino un numero di funerali più che raddoppiato rispetto al 2011.

Non bastava la decisione di Sky di trasferire gli uffici della Salaria lontani dal tmb per l’impossibilità di convivenza con un impianto pericoloso e tossico, il parere negativo di tutte le associazioni ambientaliste che si sono occupate del caso, un migliaio di articoli, reportage, denunce video che hanno quotidianamente raccontato il disastro di questi anni (persone che non potevano invitare nessuno a casa, che si svegliavano con i bruciori agli occhi e il mal di testa, che saltavano dal letto nel cuore della notte per la paura proprio di un incendio); non bastava l’incendio del 2015 molto simile a quello di ieri, non bastavano le decine di denunce da parte dei sindacati della mancanza di sicurezza dei lavoratori perché l’impianto lavorava spesso, quasi sempre «in rottura», con una fossa quasi sempre piena, con una manutenzione che ordinaria che non si riusciva a fare; non bastava un treno fermo in non bastavano i video dell’interno dell’impianto della montagna di rifiuti indifferenziati – una montagna da 3mila, alle volte 5mila tonnellate di immondizia; non bastavano i pareri dei tecnici che in questi anni in cento modi diversi hanno scritto e detto che è la coabitazione di un impianto del genere con un centro abitato è impossibile; non bastavano le interpellanze parlamentari, i cortei sotto la pioggia per le vie di Fidene, i lenzuoli stesi sui balconi delle case di Villa Spada «No tmb».

Non bastava l’allarme che avevamo lanciato che l’esasperazione portasse con sé il rischio di una degenerazione; non bastavano gli infopoint, i presidi, lo sciopero della Tari, i blocchi della Salaria, i volantini, i manifesti, la rabbia, la protesta, la denuncia, la contestazione, la risposta che punto su punto abbiamo dato ogni volta portando i dati, le evidenze; non bastavano i conati di vomito, i mal di testa, l’odore acre che ti resta in gola per giorni, i vestiti da cui la puzza di marcio non va via; non bastava il senso di sconfitta per i diritti negati, il furore per una battaglia ambientalista di cui oggi la politica non riesce a farsi carico.

Non bastavano le parole che in questi anni ho ascoltato, le persone che ho imparato a conoscere una a una, vittime di questa violenza sociali, anziane allettate, bambini che non possono invitare gli amici a casa, commercianti che decidono di chiudere l’attività; l’ira non di una cittadinanza fantasma, ma di persone in carne e ossa, con nomi e cognomi (Francesca, Sergio, Adriano, Maria Teresa, Claudia, Stefania, Marco, Stefano, Amelia…); non bastava il senso di responsabilità di tutti gli abitanti che in questi anni hanno creduto alle promesse di chiusura dell’impianto, nel 2014, a inizio 2015, a fine 2015, a inizio 2016, nel 2017, entro il 2018, ogni volta più delusi e rabbiosi per una politica sempre meno credibile persino nella difesa dei diritti elementari come quello a respirare.

E allora se non bastava tutto questo, adesso c’è un incendio, una nube tossica che è l’espressione plastica di un disastro che vi avevamo ripetuto ogni giorno, ogni mattina, ogni pomeriggio, ogni alba. Ci dispiace che solo ora comincerete a ascoltarci.