Per loro il primo maggio rischia di essere il giorno del licenziamento. Non la festa del lavoro. Dopo anni di lavoro passati a tenere in piedi i tribunali di mezza Italia e la disastrata giustizia italiana. Sono i tirocinanti della giustizia: 2.650 lavoratori impegnati da cinque anni in «tirocini formativi» negli uffici giudiziari della penisola. Pagati con rimborsi da fame: circa 300 euro al mese. Quando arrivavano.

Ieri hanno deciso di far sentire la loro voce: alla mattina di fianco al ministero della Giustizia (a via Arenula) e il pomeriggio di fronte a Montecitorio (impegnato in tutt’altro), in entrambi casi sotto la pioggia. Una protesta che ha già dato i suoi frutti: il ministro Andrea Orlando li ha ricevuti e preso l’impegno di trovare «una soluzione per tutti».

Con una bara di cartone con su scritto “giustizia”, passata di braccia in braccia, i tirocinanti dei tribunali erano arrivati da tutta Italia. Lavoratori di tutte le età, dai 30 ai 60 anni, che chiedono di restare al loro posto, perché ciascuno di loro rischia di andare a casa.

«Siamo entrati nei Palazzi di Giustizia – spiega Felice Pizzuti, tirocinante al Tribunale civile di Roma – con un progetto per cassaintegrati. Impiegati nei tribunali con un rimborso spese. Io, ad esempio, percepivo 10 euro al giorno per 36 ore settimanali». «Ma la speranza, per ciascuno di noi – prosegue Pizzuti – era quella di un’opportunità, uno spiraglio, una volta terminata la cassa integrazione. Anche perché se ci hanno impiegato è perché ce n’era effettivamente bisogno. E invece, finito l’ammortizzatore sociale si torna a casa. E di questi tempi, con questa crisi senza precedenti, non è semplice».

Sono i cosiddetti lavoratori svantaggiati, ex cassintegrati, lavoratori in mobilità e disoccupati, «utilizzati» con la forma del tirocinio ma in modo improprio, «per non dire vero e proprio lavoro nero», mascherando veri e propri rapporti di lavoro subordinato. «Fino ad oggi gli interventi fatti sono stati insufficienti – afferma Nicoletta Grieco della Fp Cgil -, volti a mettere i lavoratori gli uni contro gli altri, e non funzionali a mandare avanti la macchina della giustizia».

Il presidio aveva come scopo quello di chiedere al governo e al ministro Andrea Orlando «investimenti sul personale che comprenda la contrattualizzazione dei precari e la riqualificazione del personale giudiziario – continua Grieco – non si può disperdere un personale formato e qualificato, eppure utilizzato sotto forma di lavoro nero e mal pagato. Così come non è possibile privilegiare alcune categorie, rispetto ad altre, visto che stiamo parlando per la gran parte di lavoratori svantaggiati.

E la risposta del ministro pare incoraggiante. «Il ministro Orlando ha incontrato una delegazione dei precari della giustizia – riferiscono i sindacati – e ha assicurato loro che non verrà lasciato indietro nessuno. Si partirà quindi dai primi mille da impiegare negli uffici dei processi per poi coinvolgere anche le regioni per la restante parte e garantire una soluzione per tutti».