«È una personale in formato libro, Tiepido Cool, non un catalogo che definisce un preciso punto di lavoro, ma una mostra materica che copre più di 15 anni di produzione e guarda nel complesso la narrazione e la poetica di Davide D’Elia»: così le curatrici Silvia Litardi ed Elisa Del Prete, NOS Visual Arts Production, presentano questa pubblicazione-scrigno di un percorso che è un continuo interrogare l’anima collettiva del sociale.

ATTRAVERSAMENTO degli attraversamenti del lavoro mistico del rimuginio artistico, tracce di un’arte meridiana (D’Elia viene dal sud germogliante della costiera amalfitana) che porta inscritta naturalmente la critica a un modello produttivo, alla logica dell’efficienza. Che celebra, senza volere, l’atto del pensiero ozioso, che si posa sul mondo per indagare sé stessi e si guarda dentro per capire quello che c’è fuori. Sensibile l’editore Viaindustriae publishing, grazie al sostegno di Italian Council (decima edizione), del Mic, in dialogo con diverse realtà sparse su uno spazio che non assomiglia molto a quello recintato dalle frontiere: l’austriaco «Rotor» Center for Contemporary Art, il Center for Poetic Innovation di St Andrews in Scozia, i finlandesi Myymala2 Gallery, il Cultural Center Grad di Belgrado, i Musei civici di Bologna e il Maxxi a Roma. Proprio qui è prevista la presentazione del libro il 15 marzo, alle ore 18, insieme all’artista Gianni Dessi e a Lorenzo De Rita, direttore di The Soon Institute.

Tiepido Cool è appunto il titolo dello spettro di percezione, delle polarità in cui il sensibile si da alle nostre esperienze. Sembra il risultato di una masticazione collettiva del reale, si intravedono alfabeti e vie di fuga che sono state domande comunitarie. Ragionamenti esistenziali sul tempo e sullo spazio, che non scompariranno mai nel détournement che è il passaggio in questo mondo. È bello anche il modo di presentare i tanti progetti di D’Elia: il ragionamento sullo scorrere delle cose legato alla produzione con la pittura antivegetativa.

Vi si intravede il gesto del pescatore che, alla fine della stagione, cancella i segni di una estate per inventarsi una eternità ricorsiva. Si riflette sulle nuove proporzioni da assegnare all’uomo, soggetto prepotente di un ecosistema complesso, attraverso il lavoro di sviluppo e osservazione delle muffe, involontari ricami degli anni, orli tessuti nel silenzio di una natura che scrive le sue pagine senza clamore.

LA SOGLIA È QUELLA dell’arte oracolare, dell’arte profezia, dell’arte che è tassello della comprensione della storia, ventriloqua senza volerlo. Un mezzo per capire quello che proviamo. Il linguaggio di D’Elia è un linguaggio esule, egli reca in sé il cambiamento continuo dell’interrogazione, quel progresso non lineare del movimento di un’anima personale e collettiva.