La grande scritta ‘Sleeping Beauty’ appare in proiezione sulla visione del sontuoso sipario drappeggiato che nasconde la scena del teatro Alighieri di Ravenna. Sta per debuttare in esclusiva italiana la rigogliosa versione noir della ‘Bella Addormentata’ di Matthew Bourne, titolo molto atteso in scena fino a domani pomeriggio nella ricca sezione danza del Ravenna Festival 2013. Musica naturalmente di Ciajkovskij, ‘Sleeping Beauty‘ ha un sottotitolo rivelatorio: ‘A Gothic Romance‘ tanto per mettere in chiaro che non vedremo le solite fate, punte e tutù.

L’autore, per chi non se lo ricordasse, è quel Matthew Bourne che ha stregato le platee di mezzo mondo con il ‘Swan Lake’ al maschile: cigni sexy e cattivelli che portano a distruzione il povero tormentato principe. Quel Lago indimenticabile noto anche ai cinefili non solo perché ne è stata fatta una bella versione in 3D, ma perché chiude il film strappalacrime ‘Billy Elliot’.

Bourne adora dare nuovo volto ai classici: lo ha fatto anche con ‘La Sylphide’, ‘Schiaccianoci’, ‘Cenerentola’. Per ‘Sleeping Beauty’ non si lascia scappare alcuna tentazione di rivoluzionare i connotati della storia. Il fumettone gotico comincia con il prologo e un temporale mostruoso: è buio, nel cerchio della luna si agita in controluce la figura sinistra della fata cattiva Carabosse. Ha ali color pece e tiene in mano un fagottino: è una bimba che Carabosse ha sottratto ai genitori naturali e che consegnerà ai regnanti disperati senza figli. E già si parte con il rapimento di un infante, altro che dolcezza.

Nuova scritta in proiezione: 1890, primo atto. È la data del debutto a San Pietroburgo della Bella originale di Petipa e Ciajkovskij. La bimbetta Aurora è ora nella culla: è una fantastica bambolotta meccanica governata da invisibili bacchette. Bizzosetta, si arrampica sulle tende dell’arredo della stanza e attende fiduciosa che di notte arrivino le sue fate protettrici. Eccole balzare dentro la casa dalla finestra aperta: sono fate e cavalieri un po’ speciali, con le alette e gli occhi cerchiati di nero. Li guida non la luminosa Fata dei Lillà, come vuole tradizione, ma il Conte dei Lillà che è un vampiro buono.

Bourne si diverte a reinventare le famose variazioni delle fate: Candide è ora Ardoc, la Fata della Passione, non dona alla pupattola il candore, ma una bellezza tutta seduzione, la Fata Fleur de Farine è Hibernia, nervosa e saltellante, Briciole di Pane è un uomo, Canari qui chante è la fata dello Spirito, Violante è di nuovo un uomo, saetta, citando i passi della variazione tradizionale, e regala a Aurora il temperamento. E Carabosse? Grottesca e en travesti, vestita di nero e rosso cupo, scaglia la maledizione perché gli smemorati genitori si scordarono di lei e non la invitarono più alle loro feste. Niente male.

L’atto secondo si ambienta nel 1911, nell’epoca edoardiana. Aurora è cresciuta, sempre un po’ monella e deliziosa. Il suo innamorato non è un principe, ma il giardiniere Leo. Carabosse è morta, ma il suo figlio Caradoc (lo stesso danzatore di Carabosse) ne vuole vendicare la memoria. È tutto un passar di rose in mano tra valzer e danze del primo Novecento, le rose rosse sono sempre quelle dell’amore vero, la rosa nera è traditrice e a porgerla è il perfido Caraboc. L’Adagio della rosa diventa un passo a due tra Leo e Aurora: è uno dei momenti più belli dello spettacolo che strizza l’occhio, scenicamente, alla famosa panchina della pantomima della margherita di Giselle: Bourne non esita mai a giocare con le citazioni. Ma nel mezzo dell’amore, rispunta la rosa nera: Aurora si pungerà e piomberà nel sonno dei 100 anni. Atto riuscitissimo. Con il primo è il migliore.

2011 atto terzo. Nella tradizione è il quadro della visione: Leo, perché è sempre Leo trasformato dal Conte dei Lillà in un vampiro per poter aspettare la sua Bella 100 anni, entra nel bosco e vedrà in sogno Aurora che qui è una sorta di sonnambula in mezzo ad altre come lei. Il bacio famoso si rivela molto complicato. Aurora si sveglia, Caradoc si sostituisce a Leo, Aurora danza, piena di terrore.

Il quarto atto è ai giorni nostri. Tutto in rosso, esageratamente kitsch. Un luogo per matrimoni di cattivo gusto con Aurora in bianco che sembra Giselle uscita dalla tomba. La festa è una messa nera, con coltelli ficcati nei cuori. Davvero un po’ forte il tutto, coreograficamente non è la parte più bella del lavoro: ma il riscatto arriva in fondo con Leo e Aurora riuniti, ucciso Caradoc dal vampiro Conte dei Lillà. I due innamorati avranno una bambina con alette come loro: bizzarra famiglia di vampiri buoni, destinata a vivere in eterno. Molti applausi per uno spettacolo di danza di grande fantasia costruito con occhio cinematografico debitore al genere musical.