Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, manager della multinazionale tedesca dell’acciaio Thyssenkrupp, sono stati riconosciuti responsabili in via definitiva per il rogo che nel 2007, a Torino, ha ucciso sette operai. Dovranno scontare cinque anni di reclusione. L’ultima sentenza della Cassazione in Italia aveva previsto, rispettivamente, 9 anni e 8 mesi e 6 anni e 10 mesi. La pena di cinque anni è stata commisurata al diritto penale tedesco per reati di questo genere. Espenhahn e Priegnitz, accusati di omicidio colposo e incendio doloso per negligenza, avevano fatto ricorso contro le decisioni del tribunale regionale di Essen del 17 gennaio 2019 e del 4 febbraio 2019, ma ieri il tribunale regionale superiore di Hamm lo ha respinto. Gli avvocati hanno annunciato un nuovo ricorso. Nel frattempo la sentenza dovrebbe essere esecutiva.

ANTONIO SCHIAVONE, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo e Bruno Santino sono i nomi degli operai morti nel rogo scoppiato nella notte tra il 5 e 6 dicembre 2007 sulla linea 5 dell’acciaieria. l’unico superstite e testimone oculare si chiama Antonio Boccuzzi, lavorava alla Thyssen da 13 anni. L’inchiesta e i processi hanno accertato la mancanza di sicurezza e formazione nello stabilimento. Inoltre gli operai coinvolti nella strage lavoravano ininterrottamente da dodici ore. Quella sera avevano già accumulato quattro ore di straordinario. Tutto questo èp avvenuto in uno stabilimento i in via di dismissione. Gli impianti avrebbero dovuto essere trasportati a Terni. I processi hanno accertato responsabilità sia a Torino che a livello centrale. «Il punto – ha detto Raffaele Guariniello, il magistrato oggi in pensione che ha coordinato il pool dei pubblici ministeri – è che i quattro condannati italiani avevano già cominciato a scontare la pena. A me non è mai piaciuto sapere di qualcuno in carcere. Ho sempre perseguito i reati, mai le persone. Ma era una questione di equità. Una ferita da rimarginare». «È la conferma – ha continuato Guariniello – che il nostro è stato un processo giusto, dove tutte le parti coinvolte hanno potuto far valere le proprie ragioni». «La prescrizione è stata evitata anche grazie al fatto che chiudemmo le indagini in soli due mesi e mezzo. Che la pena venga eseguita è importante in un’ottica di prevenzione degli incidenti sul lavoro: dimostra che chi sbaglia rischia davvero di andare in carcere». Graziella Rodinò, madre di Rosario non ha sorriso: «Le notizie dalla Germania alimentano le nostre speranze di giustizia, ma troppe volte questa gente ha trovato il modo di evitare la prigione. Ci crederemo quando saranno dietro le sbarre».

«TORINO ASPETTAVA da tempo questa notizia» ha commentato la sindaca Chiara Appendino che si è detta «vicina alle famiglie delle vittime».«Era una notizia che attendevamo da tempo e oggi è arrivata – ha scritto su Facebook il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede – Quando ho incontrato i familiari delle vittime ho detto che non si poteva pensare di sfuggire alla giustizia italiana varcando il confine. Abbiamo seguito molto da vicino tutta la vicenda con la dovuta attenzione, considerato che in Germania come in Italia, la magistratura è indipendente. Per questo mi preme ringraziare gli uffici del ministero, gli uffici diplomatici italiani in Germania e anche chi, in quel Paese, ha mostrato sensibilità su questo tema. Ma il mio primo pensiero oggi va ai familiari delle vittime». «L’auspicio – ha commentato Antonio Boccuzzi – è che finalmente il percorso chiuso in Italia nel maggio del 2016 si traduca con l’unico epilogo possibile, che le porte del carcere si aprano per i due manager tedeschi».