Due ore e mezzo di dialogo italo-tedesco in un albergo di Monaco. Due ore e mezzo per confermare la fiducia di Thyssen in Lucia Morselli e nel suo operato che continua a mandare in bestia gli operai di Terni. Il tutto alla vigilia dell’incontro decisivo per l’intera vertenza.

La doccia gelata per Fim, Fiom, Uilm e Ugl arriva subito dalle parole di Markus Bistram, il capo della divisione Materials di Thyssenkrupp che conferma come la posizione della proprietà sia quella riassunta nel piano industriale presentato a luglio: 550 esuberi e spegnimento del secondo forno. Chi si aspettava una delegittimazione dell’operato della tagliatrice di teste italiana, o almeno qualche sensibile cambio di strategia, è rimasto deluso.

Poi la parola passa ai sindacati che presentano un loro documento che tratta ogni punto del piano, lanciando proposte alternative per venire incontro alle richieste aziendali. Poi arriva la pausa che permette di rassenerare gli animi. Al ritorno, la replica di Bistram ha toni concilianti che lasciano la possibilità al sindacato di intravedere qualche spiraglio.
Rosario Rappa, segretario nazionale della Fiom Cigl, è «moderatamente ottimista». «Dalla proprietà tedesca non mi aspettavo una delegittimazione della Morselli, però faccio notare che lei è rimasta in silenzio per tutta la riunione». Un altro dato che sottolinea Rappa riguarda «le tante volte in cui la proprietà ha parlato del blocco della produzione di 26 giorni e della necessità di superarlo tramite un accordo». Un «accordo» che Bistram aveva premesso non fosse «l’oggetto della riunione».

Il vero fossato fra azienda e sindacati riguarda la verifica del piano industriale. Morselli – ora spalleggiata anche dai tedeschi – continua a proporre una verifica a due anni. Una verifica che dovrà stabilire se continuare a far lavorare il secondo forno o spegnerlo e quindi ridurre fortemente la capacità produttiva delle Acciaierie speciali Terni . I sindacati – da venerdì spalleggiati finalmente dal ministro Guidi – chiedono invece un piano quadriennale che possa dare una prospettiva reale alla fabbrica che dal 1884 dà il pane alla città. Contemporaneamente i sindacati chiedono che la verifica del piano sia semestrale per evitare colpi di mano o un’inerzia verso la dismissione per mancati investimenti. «Diventa importante cercare di superare le differenze ancora esistenti sul piano industriale, in particolare sulla verifica a 24 mesi siamo convinti che il governo debba mettere in atto tutto il suo peso e la sua autorevolezza», conferma Mario Ghini, segretario nazionale Uilm.

Un ruolo che invece ieri la proprietà ha cercato di ridurre, derubricando a poco importanti i possibili interventi dello stesso governo in fatto di taglio del costo dell’energia e incentivi regionali all’innovazione perché «traguardano a breve distanza» e non sono certo strutturali.
La divisione è quindi rimasta tutta. E sarà il vero nodo del nuovo tavolo ministeriale convocato oggi alle 10. Le parole proferite in mattinata dal ministro Federica Guidi danno però speranza a sindacati. «L’incontro con le parti ha l’intento di andare ad oltranza verso una soluzione positiva che dia uno sbocco a questa vicenda. L’azienda è bloccata da 24-25 giorni – ha ricordato – e questo naturalmente è un ulteriore danno che stiamo cercando di risolvere». Il ministro ha poi ricordato l’esito dell’ultimo incontro al Mise venerdì scorso:la «rifocalizzare alcuni punti qualificanti del piano industriale. Il governo, io personalmente, abbiamo chiesto all’azienda di fare una valutazione rispetto a un piano che noi vorremmo fosse quadriennale di investimenti e quindi anche di mantenimento dell’integrità del sito».

Oggi dunque il ruolo del governo sarà decisivo. Se manterrà la posizione, i sindacati contano di riaprire finalmente una trattativa sempre bloccata dai veti e dalle parole rimangiate da parte di Lucia Morselli. In questo caso si potrà pensare

Difficilmente però si chiuderà oggi. Ma il tavolo sarà certamente dirimente per il futuro della trattativa. Anche perché mercoledì è prevista una nuova assemblea con i lavoratori a Terni. Lo sciopero e il presidio che blocca l’entrata e la produzione vanno avanti da 27 giorni. Una protesta che ha pochi precedenti in una fabbrica così grande, specie negli ultimi anni.