Jeff Buckley ha tutte le caratteristiche dell’artista «seminale»: ha avuto una carriera breve ma intensa, è morto giovane, la sua grandezza è stata riconosciuta in pieno solo dopo la sua prematura scomparsa e ha influenzato in un modo o nell’altro moltissimi artisti. Grace, il suo unico album in studio, risulta ancora oggi un punto di riferimento per l’ispirazione e l’intensità dell’esecuzione, che mostrano un talento cristallino che avrebbe meritato una carriera molto più lunga.

ALL’INIZIO della sua carriera, dopo l’esordio nel tributo al padre Tim, Buckley entrò a far parte dei Gods and Monsters con il chitarrista Gary Lucas, che lo aveva accompagnato nella sua prima esibizione. Questa collaborazione durò solo pochi mesi, ma furono mesi produttivi: Buckley e Lucas composero dodici brani, e due di questi divennero Mojo Pin e Grace, le prime due tracce dell’album di Buckley, e dove Lucas viene accreditato come coautore.

ALTRE cinque canzoni hanno trovato in qualche modo la strada della pubblicazione, mentre le ultime cinque sono rimaste inedite per oltre 25 anni, fino all’uscita (il 4 ottobre) di The complete Jeff Buckley & Gary Lucas songbook (Esordisco/Audioglobe), in cui alla voce troviamo il romano Davide Combusti, alias The Niro, cantautore indie-rock noto anche all’estero e che ha condiviso il palco con artisti di calibro internazionale come Amy Winehouse, Deep Purple e Badly Drawn Boy. È un album interessante soprattutto per la presenza di questi cinque brani inediti. Si tratta di canzoni con atmosfere molto diverse tra loro, dal blues moderno di Story Without Words e Bluebird Blues, in cui domina la chitarra acustica di Lucas, alla grande intensità di In the Cantina (forse l’episodio migliore del disco), al rock-grunge di Distortion.

LA VOCE di The Niro si muove su binari piuttosto simili a quella di Buckley e si rivela particolarmente adatta allo stile delle canzoni, e anche i brani già editi diventano dei sentiti e rispettosi omaggi, che non si discostano troppo dagli originali e ne custodiscono le atmosfere, anche se emerge lo stile vocale di Combusti. Questi dodici brani e, in particolare, i cinque inediti, raccontano ancora di più quanto avrebbe potuto essere ancora più intensa e variegata la carriera di Jeff Buckley se non fosse entrato nel Wolf River il 29 maggio 1997, il giorno prima di iniziare il suo secondo album.