È ispirato a fatti realmente accaduti, The Captain, in concorso alla 22esima edizione del Far East Film Festival, online su MyMovies.it fino a domani. Blockbuster ad alto contenuto spettacolare che guarda all’incidente aereo sfiorato il 14 maggio 2018, quando un Airbus della Sichuan Airlines diretto da Chongqing a Lhasa ha rischiato di schiantarsi sulle creste dell’altipiano tibetano in seguito a una forte turbolenza. La rottura di uno dei finestrini della cabina di pilotaggio aveva causato la depressurizzazione del velivolo con il rischio di precipitare a terra. Ma il sangue freddo del capitano Liu Chuanjian, assistito dal personale di bordo, ha permesso di evitare la tragedia e atterrare in sicurezza, portando in salvo tutti i 119 passeggeri e i nove membri dell’equipaggio nonostante le condizioni estreme e i danni riportati dal mezzo.

ANDREW LAU, uno dei grandi di Hong Kong (suo, con Alan Mak, quell’Infernal Affairs da cui è tratto The Departed e la fotografia del seminale Hong Kong Express), riprende la vicenda nei dettagli celebrando l’equipe di volo come eroi nazionali, alternando i codici del classico disaster movie ad alta quota al melodramma patriottico. Pur muovendosi all’interno di un recinto circoscritto, Andrew Lau riesce comunque a strappare alcune licenze autoriali. Rispettando i codici del cinema di genere catastrofico, si concede uno sguardo realistico, quasi documentario, quando fotografa la vita all’interno dell’aeroporto, all’inizio del film, prima che le dinamiche dell’incidente prevalgano sull’osservazione. Le file per il check-in, le attese, i saluti di chi arriva e chi parte. E tutta quella umanità in viaggio, così eterogenea, varia, in contrasto con l’idea di omologazione che si potrebbe erroneamente avere. Chi si sposta per affari e chi va in vacanza, chi sta cercando di raggiungere il Tibet in cerca di una spiritualità altrove assente, chi trasporta le ceneri di un caro estinto verso un luogo di pace.

SI TRATTA solo di brevi squarci all’interno di un plot che oltre all’ambizione di intrattenere il pubblico con scene d’azione, mira quasi esclusivamente a celebrare il coraggio e la perseveranza dei suoi protagonisti. Facilmente accostabile, per tematica, allo speculare Sully, The Captain rivela presto la radicale differenza di prospettiva rispetto al film americano.

Laddove Eastwood utilizza l’incidente scongiurato da Chesley Sullenberger (anche questa una storia vera) come pretesto per intavolare una riflessione dialettica sulle contraddizioni che agitano gli Usa e le sue istituzioni, Lau non usa invece mezze tinte. Se il «vecchio» Clint si adopera per ridisegnare i termini di un eroismo dal volto umano, il capitano Liu è un uomo tutto d’un pezzo. Occhiali a specchio e mascella squadrata, sorride poco, parla anche meno, poche battute lapidarie sufficienti per colpire nel segno. Agisce senza esitare, del tutto estraneo a quel «fattore umano» che invece è il tratto distintivo del suo «doppio» a stelle e strisce.

IN «THE CAPTAIN» l’errore non è un’opzione. «Fidatevi di noi! Piloti e assistenti si sono addestrati giorno dopo giorno per garantire la sicurezza di tutti!», sentenzia con piglio drammatico un’assistente di volo nel faccia a faccia con un passeggero, mentre un commento sonoro aggiunge enfasi alle sue parole. E se restasse ancora qualche ombra di dubbio sull’efficienza della flotta, ecco i cartelli sui titoli di coda che, oltre alle foto del vero equipaggio, snocciolano orgogliosamente le percentuali della Civil Aviation Administration of China, tra le migliori al mondo in termini di sicurezza. Non tentennano neppure le istituzioni, che mai metterebbero in discussione l’operato del Capitano.

L’INCIDENTE, in Sully, occupa solo la prima parte della narrazione, ponendo piuttosto l’accento sul processo avviato per stabilire eventuali manchevolezze o responsabilità del pilota, vero fulcro del discorso. Qui il cuore è invece nell’azione, con il chiaro intento di dimostrare le abilità della squadra. All’ispettore addetto al controllo, infatti, è sufficiente una fugace occhiata all’interno della cabina per valutare l’accaduto. Trattandosi di fatti realmente accaduti, nulla in questa storia è questionabile. A parte l’enfasi retorica. Impagabile il momento in cui lo schivo capitano si concede, suo malgrado, alla folla. E levando lo sguardo al cielo, mormora tra sé: «Rispetta la vita». «Rispetta il lavoro». «Rispetta le procedure».