La scomparsa del telecomando, i peli dei gatti dappertutto, il calzino steso «che era parte di una coppia insieme ormai da anni, precipitato nel vuoto, sfracellandosi nel cortile del vicino». Sono i servizi del Tg Casa 40ena (sottotitolo Le notizie meno interessanti da tutta la casa), la nuova produzione, in tempi di Coronavirus, di Maccio Capatonda. Nome d’arte di Marcello Macchia, Maccio ha iniziato a farsi conoscere con i suoi video per i programmi della Gialappa’s Band nei primi anni Duemila: finti trailer cinematografici – titoli come La febbra, Natale al cesso, Il sesto scemo – in cui appaiono uno dopo l’altro gli altri «nomi d’arte» del gruppo di cui Maccio Capatonda si circonda – Ivo Avido, Herbert Ballerina, Rupert Sciamenna e tanti altri.

Nel Tg 40ena (le puntate, cinque per il momento, si trovano su YouTube) Maccio però è solo: conduttore, inviato, voice over e protagonista dei servizi dai vari ambienti della casa, dalla stanza da letto – dove un decreto governativo impone il cambio delle lenzuola – a quella dove si segue l’evoluzione dell’agonia della pianta di peperoncini: «Il peperoncino è in fin di vita se non già morto. Tuttavia ho piantato dei cetriolini che sono sbocciati da qualche giorno: per una vita che muore ce n’è un’altra che nasce».

Come è nata l’idea del tg?
Era da un po’ che non facevo video, ma la clausura forzata mi ha fatto venire un’idea, che poi era raccontare il confinamento a modo mio. Il tg nasce da questa immobilità e dalla voglia di rompere la monotonia – e di spettacolarizzare il nulla. Sinora infatti non ho fatto servizi su cose importanti che succedono nella casa: il senso è proprio quello di raccontare in maniera giornalistica, più professionalmente possibile, il nulla. Con un linguaggio che mi si confà perché l’avevo già approfondito in Mario (serie tv del 2013, ndr).

Come mai questa «fissa» con i tg, oltre che con i trailer?
Penso che in fondo i tg possano essere considerati come delle serie – tipo la stagione del Tg5 – ho iniziato a seguirli negli anni ’90: mi ha sempre appassionato il linguaggio dei giornalisti. Mi piace molto fare la parodia dei linguaggi ben strutturati, come quelli dei trailer o appunto dei tg che seguono regole fisse immutate da anni – l’impostazione, il tono, il montaggio.

E al montaggio come lavori?
Sul montaggio ho costruito tutta la mia carriera. Da quando ero piccolo ho sempre fatto video, e li montavo con due videoregistratori. L’avvento del digitale mi ha dato la possibilità di mettere insieme le cose molto più facilmente: è stata quella la scintilla da cui sono nati i trailer. Il montaggio è il momento in cui puoi migliorare il materiale, cambiarlo. Ma anche creare: per esempio nuove gag che nascono proprio in quella fase.

Hai già lavorato nel cinema, fatto delle serie, collaborato con la tv. Ma il «Tg 40ena» è una produzione completamente indipendente, autarchica.
È la prima volta che faccio lo Youtuber. Non avevo mai prodotto nulla esclusivamente per me, o per il mio canale. A partire dai primi trailer che facevo per la Gialappa’s. Questa è la prima volta che mi metto a fare qualcosa senza nessun committente, solo per il gusto di farlo. La mia fidanzata mi aiuta nelle riprese e nella scrittura.

Hai mai pensato di coinvolgere qualcuno del tuo gruppo di collaboratori?
Credo che nelle prossime puntate ci sarà qualcuno di loro. Si tratta di un tg basato sulla mia vita in casa da solo, quindi prima devo capire bene come fare «entrare» qualcun altro in questa casa.

Come si è formato il gruppo?
Con il mio socio, Enrico Venti (Ivo Avido), abbiamo creato una società di produzione per fare i video in autonomia: la Shortcut. Poi è arrivato Herbert Ballerina e poco a poco abbiamo coinvolto sempre più gente. Spesso le collaborazioni nascevano con persone che stavano sul set per caso, che provavano a fare una parte. E un po’ alla volta si è creato questo stuolo di casi umani. Si è sparsa la voce e alcuni addirittura venivano a bussare alla nostra porta: più si sentivano casi umani e più bussavano. Ad esempio il Signor Poveracci, quello che in Mario aveva gli «attacchi di pane». O Anna Pannocchia, conosciuta in discoteca da un mio amico.

Le idee per i servizi da dove vengono?
Alcune sono vere naturalmente, tipo il peperoncino che stava morendo, i peli di gatto, buttare l’immondizia – un evento molto sentito perché mi consente di uscire. Per le altre cerco di trovare le cose meno interessanti possibili. La sfida è proprio quella, cercare cose molto intime e di nessun interesse – tipo i pruriti notturni – e trasformarle in notizia.

Quando sarà la prossima puntata del tg?
Sto cercando di raccogliere un po’ di idee: non è facile non far succedere niente. In casa accadono cose interessanti che non vale la pena raccontare. Bisogna riuscire a scavare nel nulla, nella noia. Potrei fare un servizio sui posacenere. Qualche idea c’è già: ad esempio una manifestazione, o un servizio su tutte le cose che in questo periodo le persone hanno fatto da casa, tipo suonare… E poi uno sulla scoperta di avere una ragazza in casa. E nella prossima puntata spero di avere Herbert come ospite.

E il nuovo decreto cambia lenzuola?
Ce n’è già stato un altro.

Un’anticipazione: come stanno i cetriolini?
Purtroppo sono morti.

Anche loro?
Si, tutti. Potrei dare la notizia… Ma forse è troppo triste.