Il sacrificio di Lea Garofalo e Rita d’Atria, la lotta di Gaetano Saffioti, Ignazio Cutrò, Pino Masciari, Piera Aiello, Tiberio Bentivoglio e dei tanti testimoni di giustizia che da anni aspettavano una tutela legislativa più incisiva sono valsi a qualcosa. Il senato ha approvato ieri in via definitiva la nuova legge sulla protezione dei testimoni, prima firmataria Rosi Bindi (Pd), presidente della Commissione Antimafia, Il testo è passato con 179 voti a favore, nessun contrario e nessun astenuto.

La norma distingue finalmente tra testimone e collaboratore di giustizia: il primo non ha commesso reato ma ne è vittima o testimone. Le misure di protezione andranno individuate caso per caso: assicurano reddito, casa, procedure chiare e percorsi personalizzati che tengano conto dei rischi e dei contesti familiari, assistenza legale e alloggio in caso di trasferimento ad altra città. E’ stata una gestazione della legge durata quattro intensi anni di lavoro, un tempo in cui i testimoni di giustizia hanno fatto sentire la loro voce insieme ai gruppi dell’antimafia sociale, ai sindacati, alle associazioni, chiedendo con insistenza alla commissione di farsi interprete delle loro esigenze e dei loro drammi personali per una modifica radicale della normativa. Si tratta di persone comuni, semplici cittadini, spesso imprenditori taglieggiati dal racket, che onestamente si sono messe in gioco, denunciando, facendo nomi e cognomi, sottraendosi al circolo perverso dell’omertà. Per questo sono stati bersaglio dei gruppi criminali, per questo a volte ci hanno rimesso la vita, come nei casi Garofalo e d’Atria.

La nuova legge finalmente assicura loro un trattamento diverso rispetto ai “pentiti” superando l’impropria sovrapposizione tra queste persone, la cui vita è stata stravolta per il solo fatto di aver assolto ad un dovere civico con la propria testimonianza, e quella dei collaboratori di giustizia, che invece erano affiliati a mafia, camorra e ‘ndrangheta e che dissociandosi sono in grado di fornire informazioni utili per lo svolgimento delle indagini.
Plaudono alla riforma le associazioni che in questi anni si sono battute, da Libera all’Arci, dalle Acli al network Avviso Pubblico, fino ai sindacati e al Centro Pio La Torre: «La riforma migliora la condizione di vita dei testimoni ed è importante che la politica abbia ascoltato la voce di queste persone oneste che hanno messo a repentaglio la loro vita e quella dei loro familiari per denunciare le mafie e le loro connivenze. Contribuendo così a difendere la democrazia e la Repubblica».