Testimone italiano: «Non ho visto coltello in mano al palestinese ucciso»
Hebron Pietro Pasculli ha assistito ieri all'uccisione da parte di soldati del 23enne Islam Ibeido, avvenuta a Tel Rumeida. Amnesty International accusa le forze di sicurezza di Israele di essere responsabili di una serie di uccisioni illegali di palestinesi
Hebron Pietro Pasculli ha assistito ieri all'uccisione da parte di soldati del 23enne Islam Ibeido, avvenuta a Tel Rumeida. Amnesty International accusa le forze di sicurezza di Israele di essere responsabili di una serie di uccisioni illegali di palestinesi
«Quando i soldati israeliani hanno aperto il fuoco quel ragazzo aveva le braccia alzate e non ho visto coltelli». Non ha dubbi Pietro Pasculli, 25enne di Ruvo di Puglia, giunto due settimane fa a Hebron per monitorare per conto di una associazione internazionale quanto accade nella città cisgiordana emersa in queste ultime settimane come il centro principale dello scontro tra palestinesi e coloni e soldati israeliani, dopo l’inizio dell'”Intifada di Gerusalemme”, innescata dalle tensioni sulla Spianata delle moschee. Pasculli ieri ha assistito all’uccisione di un palestinese, Islam Ibeido, 23 anni, avvenuta a Tel Rumeida, a pochi metri dall’appartamento in cui vive assieme ad altri attivisti e a breve distanza dal punto dove martedì sera era stato colpito a morte un altro palestinese Hamam Said, accusato di aver ferito un militare israeliano.
I media israeliani hanno riferito che l’uccisione di Ibeido è avvenuta poco prima del ferimento di una colona di 40 anni avvenuto nei pressi di un supermercato degli insediamenti ebraico di Etzion, tra Betlemme e Hebron. Il portavoce della polizia, Micky Rosenfeld, ha spiegato che i soldati hanno aperto il fuoco durante un controllo di routine quando il palestinese ha tentato di usare un coltello per attaccare un militare. L’italiano smentisce nettamente questa versione dei fatti. «Io quel coltello proprio non l’ho visto», ha raccontato Pasculli al manifesto, «Ho assistito a tutta la scena dalla finestra del mio appartamento. Mi aveva incuriosito il fatto che due soldati si fossero allontanati dal gruppo di militari che da giorni sorvegliano la zona». Dopo qualche secondo, ha aggiunto il testimone, «è apparso un giovane palestinese. I soldati gli hanno detto qualcosa, lui dopo qualche secondo ha alzato le braccia, potevo osservarlo bene e non visto tra le sue mani alcun coltello. I soldati hanno caricato le armi e qualche attimo dopo hanno fatto fuoco. Prima sette-otto colpi, poi un’altra raffica». A Pasculli abbiamo fatto notare che un coltello, dalla lunga lama, appare accanto al corpo di Islam Ibeido nelle foto girate in rete. Pasculli su questo punto è stato di nuovo molto deciso. «Io tra le mani di quel giovane palestinese un coltello non l’ho visto – ha ripetuto l’attivista italiano – e ho potuto osservare quanto accadeva da distanza ravvicinata e da una posizione favorevole».
Islam Ibeido allunga la lista degli oltre sessanta palestinesi uccisi dall’inizio di ottobre – le vittime israeliane sono 11 -, 35 dei quali sono stati descritti da Israele come “terroristi” responsabili di attacchi tentati o compiuti. Fonti di Hebron, commentando l’accaduto, hanno parlato di una “esecuzione” simile a quella della 18enne Hadeel al Hashlamoun uccisa a settembre a un posto di blocco da soldati israeliani dal “grilletto facile”. Proprio ieri Amnesty International ha diffuso un comunicato con il quale accusa le forze militari e di polizia di Israele di essere responsabili di «una serie di uccisioni illegali di palestinesi avendo usato intenzionalmente forza letale senza giustificazione». Amnesty spiega di aver investigato su alcuni casi avvenuti a Gerusalemme est e in Cisgiordania. In almeno quattro episodi recenti, spiega l’organizzazione a tutela dei diritti umani, alcuni palestinesi sono stati uccisi malgrado non rappresentassero un pericolo. Un caso è quello avvenuto tre giorni fa proprio a Hebron quando un 19enne Mohammed al Atrash è stato colpito dal fuoco di militari ed è poi morto dissanguato. Il giorno prima, sempre a Hebron, anche la 17enne Dania Ershied è stata colpita dall’esercito mentre – secondo testimoni – non rappresentava una minaccia diretta per i soldati. C’è poi il caso di Hadeel al Hashlamoun e infine l’uccisione di Fadi Alloun, 19 anni, a Gerusalemme est descritta nel comunicato come una “esecuzione extragiudiziaria”. Le forze israeliane, esorta Amnesty, «devono metter fine a questo sistema di uccisioni illegali e portarne i responsabili davanti alla giustizia”.
Intanto, con un appello pubblicato dal Guardian, trecento accademici britannici annunciano di aver iniziato il boicottaggio di Israele e invitano le loro università a rompere le relazioni con gli atenei israeliani, in risposta alla politica del governo Netanyahu nei confronti dei palestinesi.
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