Stamattina dalle ore 11 – ma l’arrivo è previsto ben prima – 66.907 matricole saranno alle prese con la prova di ingresso per entrare nelle 37 facoltà pubbliche di medicina disseminate lungo la penisola. Nei giorni in cui il ricorso dell’Unione degli universitari contro il numero chiuso alla Statale di Milano è stato accolto dal Tar del Lazio, la facoltà per cui quella norma è nata nel 1999 tiene il suo ormai tradizionale quiz valutativo. I posti a disposizione nelle università pubbliche sono circa 9.100. La percentuale di esclusione è quindi di oltre l’86 per cento rispetto al numero di domande. Domande che rispetto al 2016 sono in aumento di oltre 4mila, anno in cui si segnò comunque una leggera ripresa rispetto al 2015.
A Roma le matricole saranno più di 10mila tra La Sapienza, Tor Vergata e Campus Biomedico; 8 mila circa a Napoli; 5mila a Milano; 3mila a Torino. A Bologna i posti sono calati da 403 a 355, ma crescono gli iscritti: da 3.023 a 3.161.
Dal 2013-2014 l’esame è con graduatoria nazionale. E proprio ieri l’Istituto Cattaneo ha reso pubblica una valutazione di questa importante innovazione.
La ricerca curata da Andrea Zoboli considera tutti i dati del Miur analizzando nel dettaglio le scelte dei laureandi, degli atenei e la migrazione territoriale nel corso negli ultimi tre anni con particolare attenzione agli ultimi due.
E il giudizio è bivalente. Se da un lato «l’obiettivo di privilegiare il merito dei candidati, svincolando la loro ammissione da dinamiche prettamente locali (non necessariamente virtuose) sembra almeno parzialmente raggiunto – oggi basta effettivamente arrivare tra i primi novemila della graduatoria per potersi iscrivere», dall’altra però «questo meccanismo non incide tuttavia in maniera drastica su una mobilità interna che vede gli studenti fuori-regione passare, tra 2010 e 2015, dal 19% al 23%: crescita che si deve prevalentemente alla precedenza che i candidati maturano sui posti garantiti dalla rispettiva facoltà sede d’esame». Rimane dunque «una disparità territoriale» che «vede al Nord le facoltà migliori e, proprio in ragione del fatto di esservisi iscritti, i migliori studenti. Ci troviamo dunque di fronte ad una concentrazione di capitale umano, in parte anche proveniente dal Mezzogiorno, che non potrà che alimentare sé stessa, conservando una reputazione accademica magnetica e formando professionisti che, con buona probabilità, metteranno le proprie competenze a disposizione di sistemi sanitari regionali che le principali ricerche collocano stabilmente ai vertici nazionali per qualità». Riproducendo, dunque, la stessa disparità.