«L’anno in cui ricorre il decimo anniversario del terremoto si è aperto con un’udienza al tribunale dell’Aquila, dove pendono, così come in altri uffici giudiziari d’Italia, le cause che la presidenza del consiglio ha intentato contro le famiglie delle vittime. Addirittura l’avvocatura dello Stato ha chiesto la provvisoria esecuzione per somme. Tutto ciò è segno dell’accanimento con cui lo Stato ci persegue». La denuncia dell’avvocato Maria Grazia Piccinini, di Lanciano (Ch), mamma di Ilaria Rambaldi, una delle 309 vittime del sisma del 6 aprile 20019 a L’Aquila, presidente della Onlus che porta il nome della figlia, giunge come una deflagrazione.
Con a capo Matteo Renzi, la presidenza del consiglio chiese la restituzione delle provvisionali elargite in seguito al processo alla commissione Grandi rischi. Processo che in via definitiva ha visto la condanna dell’ex vicecapo della Protezione civile, Bernando De Bernardinis, a 2 anni di reclusione per omicidio colposo e lesioni, in relazione alle rassicurazioni infondate date alla popolazione alla vigilia del sisma. Lo Stato, dopo la sentenza di primo grado che vide la condanna di tutti i membri della commissione, aveva pagato le provvisionali. A seguito dell’assoluzione in appello di 6 dei 7 componenti della commissione, con contemporanea estromissione dal processo di numerose parti civili, lo Stato, con atto di citazione, ha chiesto indietro i soldi.
In ballo ci sono una cinquantina di famiglie. «Ai tempi del Pd, in sede di Question time, – spiega Piccinini – l’onorevole Finocchiaro aveva assicurato che il governo era intenzionato a trovare una soluzione. Cambiato il governo, dimenticato tutto. E allora nel giugno 2018 ho inviato una pec a Giuseppe Conte. L’ho informato dell’esistenza di queste cause, chiedendo un incontro per cercare di sistemare la vicenda. Il premier, nelle sue innumerevoli apparizioni, ha sempre dichiarato di essere ’l’avvocato degli italiani’. Non ho mai avuto risposta. La pec è stata spedita anche al senatore 5 Stelle Primo Di Nicola, e neppure da lui ho saputo nulla».
Dal 13 ottobre 2009 langue, chissà dove, una mozione votata all’unanimità in parlamento: affermava la volontà del governo di riconoscere lo status di vittime del lavoro ai morti dell’Aquila. «Ma è stato sempre detto che mancavano i fondi – spiega Piccinini -, anche quando c’erano. Nessuno si è mai interessato veramente a questi drammatici fatti senza prenderci in giro, senza burlarsi di noi e della nostra tragedia. Le case – aggiunge – sono state ricostruite o sono in via di rifacimento, le cose sono state ripagate; le vite no, in nessun modo. Anzi, ci hanno palleggiato da destra a sinistra e poi anche al centro. E siamo costretti ancora a difenderci, nell’indifferenza generale. A differenza di tutti gli altri che sono stati risarciti, a noi, che abbiamo lutti in casa, nemmeno hanno trovato una qualche forma di indennizzo che superi lo zero».
Sulla vicenda intervengono i 5 Stelle. «E’ allucinante – commenta Luigi Di Maio-. Per queste famiglie al danno si è aggiunta la beffa, ma a differenza degli altri governi, che hanno messo la testa sotto la sabbia, proseguendo nella richiesta di restituzione, ci impegneremo a trovare una soluzione». Ma, in Abruzzo, siamo in campagna elettorale per le regionali del 10 febbraio… Pochi giorni fa è stato Matteo Salvini a promettere 10 milioni di risarcimento per le 29 vittime del disastro di Rigopiano.
«Lo Stato – tuona il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi – non si accanisca verso chi ha patito e soffre quotidianamente i postumi di una tragedia nazionale. E’ doloroso dover parlare di soldi quando sappiamo che non c’è somma che ci possa restituire l’affetto e il calore di chi abbiamo perduto sotto le macerie. Solleciterò il governo affinché venga individuato un percorso che, nel rispetto delle norme, possa porre fine a una situazione dai toni paradossali». «Questo processo – dichiara l’avvocato Wania Della Vigna, che assiste la famiglia Piccinini – è sintomo di come lo Stato non abbia funzionato, né prima, durante i mesi delle scosse, né dopo». «Basta tartassarci con le cause», conclude Piccinini.