«Parte una nuova battaglia che vedrà contrapposti cittadini deboli e feriti, colpiti da un dolore senza fine, e soloni arroganti e supponenti appoggiati dai poteri forti. I nostri ragazzi saranno più forti, mano nella mano tra loro, intorno a noi a farci da barriera contro le ulteriori offese». Su Facebook scrive questo Maria Grazia Piccinini, avvocato di Lanciano (Ch), che ha perso la figlia, Ilaria Rambaldi, studentessa, sotto le macerie del terremoto del 6 aprile 2009 a L’Aquila. Lei è una delle parti civili nel processo alla commissione Grandi Rischi ripreso ieri in Corte d’Appello a L’Aquila e la cui prima udienza si chiude con la richiesta di condanna per i 7 imputati.

Il procuratore generale, Romolo Como, chiede infatti la conferma della pena di primo grado, sei anni di carcere per i membri della commissione accusati di omicidio e lesioni colpose. «La condotta degli imputati – evidenzia il pg – ha influenzato le decisioni di quanti dovevano scegliere se rimanere in casa o uscire dopo le scosse» ed è questa una delle motivazioni principali delle sue conclusioni. La colpa dunque «non attiene al mancato allarme, perché i terremoti non si possono prevedere, ma alla errata, inidonea, superficiale analisi del rischio e ad una carente e forviante informazione che ha fatto mutare i comportamenti dei cittadini nell’attuare le tradizionali misure precauzionali dopo forti scosse». E per queste motivazioni «non è un processo alla scienza, ma ad un’errata analisi degli indicatori di rischio e ad una non corretta informazione».

La requisitoria dura oltre due ore. E sotto accusa c’è la riunione della Grandi Rischi tenuta a L’Aquila cinque giorni prima della drammatica scossa, quella delle 3 e32, che ha mietuto 309 vittime, tra cui 55 studenti. «La finalità assegnata da Guido Bertolaso (allora capo della Protezione civile e che presiedeva la Cgr) alla riunione della Grandi Rischi era di placare le preoccupazioni, tanto che il giorno prima anticipava al telefono il tenore delle future decisioni». Bisognava far passare il messaggio – ed è quello che passò, anche sui media – che lo sciame sismico che andava avanti ormai da mesi «si stava esaurendo» e che non c’era alcuna minaccia incombente.

Guido Bertolaso

«I vertici della Protezione civile hanno fatto un’analisi socio politica – tuona il procuratore -. Era importante che non si creasse panico, bisognava mettere a tacere gli imbecilli e contrastare voci di rischio». Il riferimento del magistrato quando pronuncia la parola «imbecille» è alla telefonata intercettata tra l’allora assessore regionale alla Protezione civile Daniela Stati e Bertolaso, che dava dell’«imbecille» al tecnico e ricercatore Paolo Giuliani, le cui previsioni sulle scosse, legate al livello del radon, stavano creando timori.

L’imperativo era tranquillizzare tutti, il più possibile. Di qui, secondo Como, il motivo di riunire ufficialmente la commissione del 31 marzo 2009, incontro che «doveva servire proprio a calmare gli animi con discorsi generici». Puntualizza Como: «Non è che Giuliani fosse proprio un ciarlatano o un qualsiasi imbecille, come dice Bertolaso, è un tecnico ricercatore che faceva degli studi anche a livello internazionale».

Secondo il pg, «era una manna che veniva la commissione, ma i componenti sapevano dello scopo della riunione e del clima di allerta anche perché, tra le altre cose, c’era stata un scossa di magnitudo 4.1». Dopo la riunione – sottolinea Como – «ci fu un calo di attenzione da parte degli aquilani a causa delle false rassicurazioni fornite» dai luminari… Come si poteva dubitare delle loro parole? «Ed è questo – ricorda Maria Grazia Piccinini – che mi rispose Ilaria, rimasta a L’Aquila, nella sua abitazione di via Campo di Fossa, a preparare la tesi di laurea in Ingegneria, quando le suggerii di tornare a casa, a Lanciano. Io ero in pena. ’Mamma – ha replicato – ma la commissione ha detto che non c’è pericolo…’. Invece è morta, insieme al fidanzato Paolo Verzilli, insieme a tanti altri…».

La commissione era composta da Franco Barberi, all’epoca presidente vicario della commissione Grandi rischi; Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico della Protezione civile; Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Istituto nazionale di geofisica; Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case; Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico della Protezione civile.