Non solo Roma. La linea «repressione e disciplina» suggerita dal ministro leghista all’Istruzione (e merito) Valditara piace anche ai dirigenti del sud. Emblematico il caso di Acerra, nel napoletano, tristemente nota come «terra dei fuochi», dove 70 studenti del liceo Alfonso Maria de Liguori sono stati sospesi per aver partecipato all’occupazione della propria scuola, lo scorso 8 gennaio. La mobilitazione era stata lanciata dal collettivo del liceo, con il sostegno di realtà locali come il collettivo Kaos e associazioni come Fridays for Future, contro «l’assurdo silenzio attorno all’impianto che avvelena la nostra città».

Durante i 4 giorni di occupazione, culminati in un corteo contro la costruzione della quarta linea dell’inceneritore, gli studenti hanno organizzato incontri con esperti sul tema del biocidio e della gestione sostenibile dei rifiuti. Si aspettavano contestazioni dalla scuola ma non questo tipo di «repressione», come dicono gli studenti, dato che «questa dirigenza in passato si è dimostrata sensibile al tema, è scesa in piazza con noi. Questa lotta ci dovrebbe coinvolgere tutti, e se la scuola e la sua dirigenza sono realmente impegnati sui temi della tutela dell’ambiente e della salute, allora sarebbero stati con noi».

È andata diversamente: il dirigente Giovanni La Montagna ha scelto la linea dura. Nella lettera con la sanzione recapitata agli studenti, la dirigenza denuncia come l’occupazione sia avvenuta «in modo imprevedibile, nonostante i reiterati inviti del dirigente scolastico, del collegio docenti, di alcuni genitori e delle forze dell’ordine dal recedere dal compiere azioni illegali, provocando il mancato esercizio del diritto allo studio degli altri alunni».

Come in casi analoghi, quindi, anche ad Acerra gli organi disciplinari dell’istituto hanno distinto tra «occupanti semplici» e «promotori»: 3 giorni di sospensione, con frequenza, per il primi; 5 (con il rischio di bocciatura) ai secondi.

«Non sappiamo con quali criteri siano stati individuati i 70 nomi su circa 500 partecipanti – dice M., membro del collettivo – qui nessuno si è autodenunciato ma di certo non avremmo negato la partecipazione se ci avessero convocati». Secondo gli studenti «era chiaro dal clima che si era creato al ritorno in classe che ci sarebbero state sanzioni esemplari».

Ad alcuni di loro, individuati come leader dell’occupazione, sarebbe stato impedito di partecipare ad attività organizzate dalla scuola. «Il preside dice che non riusciamo a comprendere la gravità delle nostre azioni – si legge in un documento degli studenti – ma come si fa a parlare di gravità per un’occupazione quando la gente nella nostra terra muore di tumore? Tutti abbiamo familiari e amici in situazioni drammatiche». Noi, spiegano, «avevamo invitato il preside a partecipare, a venire a vedere come stavamo gestendo tutto, ma non si è fatto vivo. Il dialogo più volte vantato nei nostri confronti è stato una porta chiusa».

Ora accusano: «Ci sorprende che nel 2024 si guardi ancora il dito e non alla luna, l’occupazione è stata un mezzo per mettere sotto i riflettori il dramma di Acerra e degli impianti velenosi e ci aspettiamo dalla cosiddetta società civile vicinanza, solidarietà e concertazione. Non denunce e repressione».

Nonostante le sanzioni, rivendicano l’occupazione: «È stato un gesto corale, ragionato, appoggiato e promosso da tutti con coraggio e responsabilità».