Secondo le proiezioni dell’Oms, con l’attuale tendenza gli ospedali e le terapie intensive di mezza Europa rischiano di essere sommersi dalla nuova ondata di Covid. «Di qui al 1 marzo 2022, ci aspettiamo che in 25 paesi su 53 la disponibilità di posti letto negli ospedali sia sottoposta a uno stress di livello “elevato” o “estremo”» ha dichiarato in una nota il direttore regionale dell’Oms Hans Kluge. Per le terapie intensive, il rischio riguarda addirittura 49 paesi, quasi tutti. «Secondo le proiezioni, il numero totale di vittime di Covid potrebbe raggiungere i 2,2 milioni entro la prossima primavera», mentre sono 1,5 milioni.

Kluge ha ricordato che la strategia europea deve basarsi su un mix di misure di prevenzione, come le mascherine e il distanziamento, oltre che sui vaccini, per i quali è bene «ricevere anche il richiamo, se disponibile»: una contraddizione, rispetto all’appello del direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus che di Kluge è diretto superiore, a rimandare le terze dosi nei paesi ricchi per favorire l’accesso di quelli più poveri.

Se in molti paesi europei quanto descritto dall’Oms è già una realtà, l’Italia è tutto sommato in una situazione privilegiata, almeno per ora. Anche se si va verso un graduale deterioramento. Marche, Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia hanno superato la soglia del 10% di posti letto occupati in terapia intensiva. Ma solo nelle ultime due è stata superata anche la soglia del 15% fissata per i reparti ordinari e la possibilità di finire in zona “gialla” è assai concreta. Vicina alle soglie anche la Calabria, in cui i pazienti Covid occupano il 7% delle terapie intensive e il 12% degli altri reparti. La maggior parte delle regioni è ancora lontana dalle soglie di allerta.

Sulla correttezza di queste percentuali però ci sono molti dubbi. Il numero totale di posti letto disponibili può essere allargato artificialmente dalle regioni per abbassare la percentuale dei letti occupati e non dover subire restrizioni. Il tema è stato sollevato da tempo, da questo giornale e non solo: sono stati soprattutto i medici di terapia intensiva a ricordare che aumentare i posti letto, senza assumere nuovi medici, significa aumentare l’assistenza sanitaria solo sulla carta.

Secondo l’Agenas, che monitora la disponibilità dei reparti ospedalieri, oggi sono a disposizione circa 9.000 posti letto in terapia intensiva, quasi il doppio rispetto ai 5.000 con cui abbiamo affrontato le prime ondate pandemiche. Ma il numero di nuovi anestesisti non ha seguito lo stesso ritmo. «Il rischio è che le terapie intensive si saturino nell’arco di un mese» ha avvertito Antonino Giarratano, il presidente della Società Italiana di Analgesia, Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti).

Che in passato le regioni abbiano beneficiato di zone d’ombra, facendo risultare posti letto che non esistevano, sembra attestato anche dalle relazioni degli ispettori del ministero della salute inviati a vigilare sull’operato delle regioni. Ad esempio, dopo una denuncia del sindacato degli anestesisti Aaroi-Emac risalente allo scorso aprile, gli ispettori hanno verificato che l’ospedale di Palmanova (provincia di Udine) aveva dichiarato otto posti letto di terapia intensiva inesistenti, secondo il rapporto divulgato ieri. Episodi simili erano stati segnalati in diverse altre regioni e attendono conferma.

L’incertezza sulla reale capienza delle terapie intensive dura ormai da quasi due anni. Grazie al Pnrr, i fondi europei dovrebbero permettere di stabilizzare i posti letto allestiti per fare fronte ai picchi pandemici, dotando le regioni di circa 8500 posti letto a regime. Secondo la Corte dei Conti, la dotazione reale attuale però è di soli 6.000 posti letto (mille in più rispetto all’inizio della pandemia), se si tiene conto anche del personale necessario.

Sul futuro, le proiezioni del sindacato Aaroi inviate in una lettera aperta al ministro Speranza pochi giorni fa mostrano che andare oltre sarà difficile, almeno nel breve periodo. Nei prossimi anni sarà difficile anche solo mantenere il numero attuale di posti letto a causa dei pensionamenti, nonostante l’aumento delle borse di studio per la formazione di nuovi anestesisti. L’effetto delle nuove assunzioni si farà sentire a partire dal 2026. Solo nel 2028, dicono gli anestesisti, disporremo di 7.500 posti letto con personale adeguato, se le assunzioni promesse saranno realizzate. L’obiettivo fissato nel Pnrr sarà raggiunto solo nel 2031.