Che tra Pd e 5 Stelle ci sia qualche difficoltà sulla strategia da seguire per il Quirinale lo si capisce a un episodio che in altri tempi sarebbe stato considerato minore. Sorseggiando un tè nero con Fabrizio Roncone del Corriere della Sera, Goffredo Bettini si lascia sfuggire un commento sulle difficoltà di Giuseppe Conte nella difficile partita del Quirinale. «È in un momento di notevole difficoltà», dice l’ex parlamentare e coordinatore nazionale del Partito democratico a proposito della complessa gestione del Movimento 5 Stelle. Bettini ha concesso al leader 5S, che peraltro risulta averlo chiamato al telefono per due volte nel corso dell’intervista, la qualifica di «uomo leale». Ma sentenzia: «È più un uomo di governo che un leader di partito».

IL GIUDIZIO di Bettini suscita l’immediata disapprovazione di Giuseppe Conte e dei suoi. La replica viene affidata a Riccardo Ricciardi, che è uno dei cinque vicepresidenti nominati da Conte. «Lasciano perplessi le parole espresse sulla leadership del presidente Conte da parte di un nostro alleato – sono le parole del deputato grillini – Gli altri partiti, da sempre, giudicano le dinamiche del M5S come se fosse un partito tradizionale, preda di correnti e personalismi. Hanno sempre sbagliato e sbagliano anche ora. Il nuovo corso di Conte non è un cambio di leadership come accade nei partiti tradizionali, dove tutto avviene all’interno delle segreterie». È ancora più duro Stefano Patuanelli, capodelegazione M5S al governo e contiano di ferro: «Se l’unità d’intenti in vista del Quirinale è rappresentata da interviste e colloqui rilasciati alla stampa in cui si esprimono giudizi sul M5S e il suo leader politico, cosa che non ci permettiamo di fare specialmente in questa fase, direi che la direzione di marcia della coalizione non è quella giusta». E il deputato Francesco Berti: «Non capisco perché Bettini sia così ascoltato dai vertici M5S – dice Berti – Spazio a energie nuove, in parlamento e nei territori. A chi parla solo di strategie e relazioni, va preferito chi parla di temi e soluzioni».

IL DISAPPUNTO di Conte deriva dall’insofferenza verso un Pd che, secondo la sua visione, neanche in seguito alla candidatura di Silvio Berlusconi è in grado di trovare una linea chiara. Di fronte alla narrazione di un M5S sostanzialmente ingovernabile ed eternamente nel caos e di un leader debole incapace di condurlo attraverso gli intricati sentieri della partita del Colle, Conte si ritrova a dover fronteggiare anche il dirigente dem che considera a lui più vicino e che sente più spesso. Tanto che Bettini ha dovuto rettificare: «Nella sintesi del mio pensiero, riportata dal Corriere della Sera, c’è il rischio di un fraintendimento – spiega – Lo voglio chiarire nel modo più netto. Ritengo il lavoro che sta svolgendo Giuseppe Conte prezioso per il suo movimento e per la stabilità della democrazia italiana. Stimo Conte umanamente e politicamente».

MA IL CAPO POLITICO del M5S è consapevole della difficile situazione interna. A ogni nuovo ostacolo riprende ad aleggiare il progetto (pare su spinta di Rocco Casalino) ai tempi della rottura con Beppe Grillo sullo nuovo statuto di farsi un proprio partito in cui travasare successivamente il residuo consenso verso i 5 Stelle e soprattutto verso la sua persona. Ma Conte ha scelto di intraprendere quella che lo stesso Ricciardi definisce «una radicale rifondazione di una realtà complessa e innovativa come il Movimento 5 Stelle», provando a trattenere dalla sua parte gli eletti grillini e gestire la cassa. Molto dipenderà dall’esito delle trattative di questi giorni, anche se dopo l’assemblea congiunta di giovedì sera il leader si era scoperto un po’ più sollevato, con i grandi elettori meno divisi e litigiosi di quanto potesse aspettarsi. Ieri sera ha radunato vice e squadra di governo per definire la linea. Per questo ha insistito per incontrare Enrico Letta e Roberto Speranza. L’incontro è fissato per domani mattina. Conte chiederà che l’alleanza giallorosa trovi un nome da votare e da contrapporre a Berlusconi.