Non si è fatta attendere la risposta di Tehran alla notizia che le forze aeree israeliane e statunitensi terranno in primavera un’esercitazione su larga scala sul Mediterraneo con l’obiettivo di simulare un attacco aereo contro l’Iran con l’impiego di decine di velivoli, tra cui F-15, F-35, F-16 e aerei-cisterna. Deve considerarsi un avvertimento e non un titolo quello pubblicato ieri dal quotidiano in lingua inglese Tehran Times: «Soltanto una mossa sbagliata!». Parole corredate di una cartina con svariati obiettivi in Israele, ma anche in Libano e Cisgiordania. L’Iran è in grado di colpire ovunque, il messaggio è chiaro. «L’intensificarsi delle minacce militari israeliane contro l’Iran sembra suggerire che il regime sionista abbia dimenticato che l’Iran è capace di colpirli in qualsiasi parte», si legge nell’articolo. Altrettanto chiaro era stato due giorni fa il capo di stato maggiore delle Forze armate iraniane, Mohammad Bagheri. «Le nostre forze non hanno mai sottovalutato la minaccia del nemico e sono preparate alla più piccola delle minacce in campo strategico», ha affermato Bagheri precisando che gli apparati militari iraniani «a livello strategico non vogliono colpire nessuno ma al livello operativo e tattico sono pronti a dare una risposta decisa al nemico».

La guerra di parole rischia di precedere quella vera e propria nei prossimi mesi che potrebbe essere scatenata da un attacco israeliano, o israelo-americano come preferirebbe Tel Aviv, alle centrali atomiche iraniane. A maggior ragione di fronte alla mancanza di progressi a Vienna dove da fine novembre si discute senza risultato del rilancio del Jcpoa, l’accordo internazionale sul programma nucleare iraniano del 2015 dal quale gli Usa tre anni fa sono usciti per decisione dell’Amministrazione Trump. L’Iran per andare avanti vuole che siano revocate «immediatamente» tutte le sanzioni che colpiscono la sua economia, approvate dalle ultime Amministrazioni statunitensi. «Il serio processo di negoziazione sulla questione della revoca delle sanzioni illegali e oltraggiose imposte contro l’Iran non è ancora iniziato», ha ribadito su Twitter il viceministro degli esteri Ali Bagheri Kani. Sotto la pressione di Israele, Washington, che partecipa indirettamente alla trattativa, per rientrare nel Jcpoa chiede l’imposizione di condizioni più stringenti all’Iran rispetto al 2015.

In casa iraniana c’è parecchia delusione per l’atteggiamento dei paesi dell’E3 – Francia, Germania e Regno Unito – che descrivono il Jcpoa come un «guscio vuoto» e per quello di Mosca a Vienna. Diversi giornali ieri lamentavano lo scarso sostegno della Russia alle posizioni dell’Iran. Il quotidiano riformista Arman-e Melli ha titolato polemicamente «Dalla propaganda degli europei alle posizioni ambigue del Cremlino». Seda-ye Eslahat ha citato in prima pagina l’intervista sull’agenzia Tass in cui il rappresentante russo ai colloqui di Vienna, Mikhail Ulyanov, ha rivelato che per arrivare a un accordo «Le centrifughe iraniane dovranno essere distrutte o immagazzinate sotto la supervisione dell’Aiea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ndr) o trasferite altrove».

Tehran alza la voce, flette i muscoli ma la guerra proprio non la vuole mentre il paese vive una enorme crisi economica e finanziaria, aggravata dalla pandemia, causata in gran parte dalle sanzioni Usa. Lo dimostrano i giornali iraniani che in questi giorni sono concentrati principalmente sulla manovra di bilancio del prossimo anno presentata al parlamento dal presidente Ebrahim Raisi. Nel paese peraltro è alto il sostegno popolare alle rivendicazioni degli insegnanti – che il 13 dicembre hanno attuato uno sciopero nazionale – che invocano l’aumento dello stipendio mentre cresce il malumore per il minacciato aumento delle tasse. Sui social alcuni hanno scritto che il governo cerca fondi ovunque perché «il paese sarà in stato di guerra l’anno prossimo». In realtà i vertici iraniani battono il pugno sul tavolo e allo stesso tempo puntano almeno all’accordo con l’Aiea per evitare proprio il conflitto armato. «Abbiamo raggiunto un buon accordo con l’Aiea che può sgombrare il campo da preoccupazioni su presunti problemi riguardo alle attività nucleari iraniane», ha comunicato ieri il ministro degli esteri Hossein Amirabdollahian in relazione all’ispezione richiesta dall’Aiea, e finora negata, al complesso nucleare Tesa di Karaj. L’intesa prevede che l’Iran permetta all’Aiea di sostituire le telecamere di sicurezza danneggiate nel complesso a ovest di Tehran.