Giornata piena per il futuro presidente del consiglio, che promette la lista dei ministri per sabato e la fiducia per lunedì senza aver ancora riempito tutte le caselle. Dopo aver passato la mattinata con le delegazioni dei partitoni, gli amici, come il Pd e Fi guidata dal cavaliere in persona, e i nemici, come Beppe il non-democratico, arrivano gli appuntamenti davvero delicati: nel primo pomeriggio con Ignazio Visco, governatore di Bankitalia, la sera con Giorgio Napolitano, capo dello Stato. Al centro dei due confronti il ministero chiave, quello dell’Economia. E’ la casella vacante, tanto che fioccano ipotesi balzane in libertà. L’Ncd candida Angelino Alfano: una boutade. Qualche buontempone ipotizza il ritorno alla grande di Franco Bassanini: fantasiosi. La Bce, Bankitalia e, con la dovuta diplomazia, il Colle insistono per la continuità: Fabrizio Saccomanni.

Per Renzi è questa la trattativa più dura, molto più di quelle con i vari Alfano e compagnia centrista. Il gradimento del Quirinale è importante, quello della Bce imprescindibile. Nessuno lo sa meglio del segretario e quasi-premier, che si è già visto impallinare il candidato preferito, Lorenzo Bini Smaghi, proprio dal niet di Draghi. Però mollare su Saccomanni vorrebbe dire mandare a gambe all’aria tutta l’aura di svolta drastica che dovrebbe circondare il suo governo. Arrivato a un passo dal traguardo, la rosa di Renzi è ridotta a tre nomi: un politico e due tecnici. Il politico è Graziano Delrio, di gran lunga il preferito. Osare l’inosabile e nominarlo ministro è forse la sola cosa su cui Berlusconi e i transfughi di Angelino concordino. Berlusconi glielo ha detto chiaro: «Scegli qualcuno in cui hai piena fiducia». Sacconi è appena più ellitico: ci vuole un politico e un politico che risponda al premier. Ieri sera Renzi ancora carezzava il sogno, però che continui a vagheggiarlo anche quando al veto di Visco e Draghi si sarà aggiunto quello di Napolitano è quasi impossibile.

I due tecnici sono Pier Carlo Padoan, attuale presidente dell’Istat, e Guido Tabellini, bocconiano e montiano ma di non strettissima osservanza. Entrambi incarnano un punto di mediazione possibile: dovrebbero essere considerati affidabili da Draghi e Visco, però non sono uomini di Bankitalia, e il particolare ha tutto il suo peso. Resta solo da vedere se la trojka Bce-Bankitalia-Quirinale si accontenterà della mediazione o insisterà per la riconferma di Saccomanni.

La casella dell’Economia non è l’unica davvero significativa in quel gioco di società per lo più futile che è il totoministri. Un paio di altri dicasteri davvero significativi ci sono. Quello del Lavoro per esempio: non è un caso se in questi giorni hanno circolato ipotesi tra loro tanto opposte e incompatibili quanto Guglielmo Epifani e Pietro Ichino. Se le voci che giravano ieri saranno confermate, ed è probabile che lo siano, vorrà dire che Matteo Renzi ha fatto la peggior scelta possibile: Mauro Moretti, amministratore delegato delle disastratissime ferrovie italiane, grande sponsor del Tav, rinviato a giudizio per la strage di Viareggio che ebbe la delicatezza di definire «uno spiacevolissimo episodio». In effetti trentatre morti tanto piacevoli non sono. La sua nomina al Lavoro getterebbe da subito un’ombra pesantissima sul governo del rottamatore.

Altro ministero “sensibile” è quello della Giustizia. Alfano ha chiesto che non si tratti di un giustizialista, e questo dovrebbe mettere fuori gioco Raffaele Cantone, ma in questi casi non è mai detto. Resta molto più probabile la nomina di Livia Pomodoro, presidente del Tribunale di Milano. Al cavaliere, che pur se dall’esterno una qualche voce in capitolo ce l’ha, certo non piace per il solo fatto che viene da quella maledetta procura. Però non è una giustizialista ed è stata capo di gabinetto del guardasigilli socialista Claudio Martelli. Alla fine, per Arcore potrebbe essere digeribile.
A volte, infine, qualche sottosegretariato e viceministero pesa quanto i dicasteri veri. Il viceministro dello Sviluppo economico con delega alle comunicazioni Antonio Catricalà, per esempio, è fortissimamente sostenuto dal cavaliere. Ma, per una volta, pare che Renzi abbia deciso in extremis di deluderlo.