I chirurghi dell’Austin Hospital di Melbourne (Australia) hanno restituito a 16 persone tetraplegiche la possibilità di muovere un braccio e usare la mano. Per una persona immobile dal collo in giù, significa potersi muovere autonomamente su una sedia a rotelle, usare un telefono o semplicemente truccarsi. Il risultato è stato pubblicato sull’ultimo numero della rivista The Lancet dall’équipe guidata da Natasha Van Zyl e si basa su una tecnica chirurgica innovativa denominata «trasferimento di nervo».

I SEDICI PAZIENTI coinvolti erano diventati tetraplegici dopo la frattura di una vertebra cervicale. La frattura separa il il cervello dai nervi che si diramano dalla colonna vertebrale al di sotto di essa. Sopra la frattura, invece, i nervi mantengono la loro attività. I chirurghi hanno connesso alcuni di questi nervi ancora attivi ai muscoli che permettono di alzare e piegare un braccio o chiudere la mano. A due anni di distanza, e dopo un’intensa attività di fisioterapia, molti pazienti hanno parzialmente recuperato la loro forza. Nella scala del Medical Research Council, la loro forza è stata valutata mediamente tra il grado 3 e 4 (su 5, che equivale al recupero totale) a seconda del muscolo esaminato.

La tecnica di ricollegare i nervi è una variante di un metodo già sperimentato: in passato erano stati ottenuti buoni risultati ricollegando i tendini di muscoli attivi agli arti e alle dita i cui muscoli corrispondenti avevano perso funzionalità. Anche all’Austin Hospital i risultati migliori sono stati ottenuti usando entrambe le tecniche. Secondo i ricercatori, ricollegare i nervi consente un controllo più preciso degli arti, mentre i tendini permettono sforzi maggiori. La loro raccomandazione, basata sulle opinioni dei pazienti, è di collegare i nervi in un lato del corpo, e i tendini nell’altro.

PER QUANTO PROMETTENTE, il «trasferimento di nervo» ha ancora diversi limiti: la forza recuperata è comunque scarsa e in alcuni pazienti la chirurgia non ha dato alcun risultato. Inoltre, i pazienti coinvolti erano tutti giovani ed erano diventati tetraplegici meno di diciotto mesi prima dell’intervento sperimentale. Per dimostrare la riproducibilità della ricerca sono necessari ancora molti studi, in altri ospedali e su un numero maggiore di pazienti. E per questo tipo di infortuni la ricerca oggi punta molto sull’auto-trapianto di cellule staminali, in grado di differenziarsi e riprodurre qualunque tessuto.