S’istoria è la prima raccolta ufficiale dei Tazenda (Sony), tre dischi per ripercorrere la carriera della band capace di portare nel pop e nel rock accenni tenorili e corali della tradizione vocale della Sardegna, con testi in lingua. Al suo interno anche una traccia inedita, Sa Oghe, dedicato a Andrea Parodi, la voce storica del gruppomorto esattamente dieci anni fa. I Tazenda sono ora Nicola Nite – voce e chitarre – Gigi Camedda, tastiere e voce e Gino Marielli, chitarra solista e voce.

«Quando la Sony ci ha proposto il nome dell’antologia ci è sembrato un po’ celebrativo – racconta Marielli al telefono – ed essendo ancora in piena attività decisamente…esagerato. Poi seguendo la lavorazione, la scaletta abbiamo preso coscienza del fatto di aver elaborato una storia intensa, l’avevamo scritta e allora abbiamo dovuto fare i conti con il passato».

Gli inizi in realtà vedono i Tazenda interessati più a un’idea di pop inglese con tracce di progressive: «Poi abbiamo riscoperto la tradizione sarda, abbiamo stretto amicizia con gruppi come i Tenores de Bitti ed è iniziato tutto». Il rischio era mescolare sacro e profano, la band sarda ha saputo inventarsi una terza e più efficace direzione: «Chiamala incoscienza, ma quel rischio aveva in sè tanta libertà ceativa. Quando siamo andati nel 1990 da Baudo proponendo il tradizionale No potho reposare, è piaciuto a tutti». Spunta la luna dal monte, insieme a Bertoli a Sanremo 1991 rappresenta l’affermazione definitiva, in qualche modo attesa: «Il successo non ci ha cambiato, eravamo già adulti, avevamo fatto tanta gavetta. L’ottima accoglienza del pezzo con Bertoli ci ha però comprendere che eravamo finalmente riusciti a realizzare il modello di quello che avremmo potuto fare poi, mescolando al canto in italiano il sardo».

Nella raccolta ci sono i primi tre album del gruppo, mai ristampati prima: Tazenda, Murales e Limba, in quest’ultimo è presente Pitzinnos in sagherra, scritto in collaborazione con Fabrizio De Andrè per Sanremo del 1992, mentre in Etta Abba Chelun era il poeta genovese presta la sua voce: «Ogni volta che andavamo a casa sua o ci incontravamo in studio, abbiamo sempre appreso qualcosa. Quando gli abbiamo suggerito l’idea di Etta Abba Cheluhera, qualcosa che ricordasse banbini e i girotondi, è andato in soffitta ed è ritornato con libri antichi. Da questi ne ha ricavato due o tre frasi che ha poi rielaborato. Ci ha fatto capire che dietro quelle parole non c’è solo romantica ispirazione, c’è studio e passione per la cultura».

Sono dieci anni dalla scomparsa di Parodi: «Lui era uscito dal gruppo nel ’97, un’uscita traumatica ma inevitabile. Io e Gigi volevano sviluppare il gusto e la propensione a stare sul palco in un certo modo, e in studio giocavano con l’elettronica. Andrea stava seguendo la sua indole, la sua vocalità, gli piaceva collaborare con i cantanti tradizionali sardi, con le culture mediterraneo dove la sua voce era protagonista».