La mostra  Mogano ebano oro! Interni d’arte a Genova nell’Ottocento, da Peters al Liberty, a Palazzo Reale ancora fino all’1 novembre, riguarda gli arredi genovesi nell’Ottocento, periodo di grande fortuna economica e fioritura artistica per la città. Si entra nelle sale un tempo occupate dal Teatro del Falcone e si vedono scorrere immagini di palazzi, strade, interni, salotti, personaggi. Inizia un viaggio nel passato, quella Genova che tanto piaceva a Nietzsche per la sua rapacità creativa, la capacità di progettare, realizzare, prendere, godere dei beni terrestri.

È difficile fare una mostra di mobili, ma i curatori Luca Leoncini, Caterina Olcese Spingardi e Sergio Rebora hanno saputo creare un percorso appassionante, ottimamente esposto, dove tavoli, sedie, stipi dialogano (oltre che fra loro) con marmi, gessi, fotografie, pitture di interni ed esterni. Ne emerge il racconto di un mondo in evoluzione, dell’Italia che si va facendo e celebra la sua unità e i suoi successi. Nel primo Ottocento contano ancora molto le famiglie patrizie, che i neoarrivati Savoia corteggiano. Con il passare dei decenni diventa sempre più vistosa la committenza privata degli imprenditori, che creano ambienti lussuosi e alla rappresentanza preferiscono o uniscono le moderne comodità, e con la creazione del Cimitero di Staglieno nel 1851 si forniscono di un passaporto per l’eternità. Lì infatti si possono ancora ammirare le stesse fortune e gli stessi artisti, in un museo all’aria aperta di buoni e cattivi sentimenti.
Carlo Felice è il primo regnante Savoia che acquista e risiede a Palazzo Reale, adegua il Teatro al Falcone e crea il Teatro Carlo Felice che tuttora porta il suo nome, anche se distrutto e ricostruito in anni recenti. I Savoia, malvisti come usurpatori a Genova come a Napoli, cercano il consenso soggiornando a Genova, frequentando e gratificando il patriziato, fornendosi presso artisti e manifatture locali. Qui emerge la figura centrale di un Henry Thomas Peters (1792-1852), che introduce metodi moderni di ebanisteria e arreda le dimore reali e signorili a Genova (dove ha il laboratorio) e in Piemonte. Repubblicano di idee, soffre la contraddizione della dipendenza da reali e nobiltà, e dopo aver creato per decenni opere importanti per ogni gusto, ha una rapida decadenza e muore impoverito. Ma è una personalità internazionale che a Genova trova un terreno fertile dove affermarsi e guidare il gusto dell’epoca con una tendenza alla sobrietà di sapore Regency.
Le opere di Peters e altri sono in taluni casi note, ma Mogano ebano oro! è importante in quanto mostra di ricerca, che ha dovuto scoprire i propri materiali nei luoghi più diversi, collezioni, case private, scantinati, per ricostruire un’immagine complessiva e portare alla luce una cultura sommersa di grande vigore, interesse e qualità. Nulla di scontato, ma un viaggio in anni cruciali che sono poi quelli della formazione dello stato unitario.
Verso la metà del secolo incontriamo le personalità di Michele Canzio, architetto, Santo Varni, scultore, e Nicolò Barabino, pittore e scenografo. Canzio disegna per il marchese Pallavicini il parco delle meraviglie, di ispirazione massonica, della Villa di Pegli (1846), tuttora per quanto decaduta luogo magnifico per un viaggio nel tempo. Infatti il percorso è pensato come gli atti di un melodramma che porta fra antiche rovine, castelli romiti, baite montane, per terminare in un paradiso neoclassico (vedi Silvana Ghigno, Il parco nascosto, Sagep 2018).
Quando Mark Twain venne a Genova nel 1867, si affaticò per le scalinate dei palazzi, ma il suo plauso senza riserve andò a Staglieno (finalmente delle belle statue integre e non mutile come la Vittoria di Samotracia!) e proprio alla Villa Pallavicini, che festeggiò come un luogo di delizie senza pari, tutto creato per permettere di gustare scorci perfetti e rapimenti eterei. Infatti, dice Twain, alla fine del percorso si vede (o vedeva), in una cornice di piante e fiori rari, Genova con i suoi palazzi, e il mare azzurro con le sue vele, e monti e promontori. L’effetto sublime era creato ad arte inquadrando un paesaggio reale in una cornice studiata ma tale da apparire anch’essa naturale. Il parco di Pegli con le sue grotte infere e il suo laghetto mistico, boschi e rovine, era tutto stato creato dal nulla, ma tutto dava l’illusione di antico, e a Mark Twain piaceva questo illusionismo, e poi, da quel turista-ragazzo che era, voleva stupirsi, vedere cose mai viste da riferire ai suoi lettori americani, anch’essi figli di una cultura giovane e rampante, come era appunto questa Genova tanto diversa (per progettualità e tutto) da quella odierna.
Infatti, notano i curatori, fu l’Ottocento, con il Seicento, il periodo di massimo fulgore economico della città, che si modernizzò, acquisì la ferrovia, si espanse in alto e a Levante, creò strade e piazze geniali come Piazza Corvetto, Via Assarotti con la Basilica dell’Immacolata, capolavoro del cattivo gusto direbbe qualcuno, in realtà arricchita da pezzi eccezionali, come il coro e i confessionali di G. B. Gaolio. E Via Roma, voluta dall’avvocato Tito Orsini (1815-’96). Di lui scrive Olcese Spingardi in catalogo: «Esperto in diritto marittimo e commerciale di fama internazionale, a lungo presidente dell’Ordine degli avvocati, deputato e senatore, attivo in ambito imprenditoriale e finanziario, Orsini fu soprattutto presidente della Banca italiana di costruzioni, artefice della realizzazione della ‘nuova’ via Roma. Concepita come prolungamento di via Assarotti e collegamento al Carlo Felice, nonostante le polemiche per le ingenti distruzioni causate dalla sua costruzione, a fine anni settanta essa era percepita come la strada principale della città̀». Cito per dare un esempio di personalità come ce ne furono tante, e che trovarono in artisti come Barabino e Santo Varni gli uomini per realizzare le ambizioni artistiche e di status sociale.
Di Varni la mostra offre notevoli sculture, fra cui un ritratto a piena persona di Bianca De Simoni Rebizzo (1800-’69), figura di spicco nel clima risorgimentale che si occupò fattivamente di educazione femminile ed ebbe un salotto frequentato da Barabino, Paganini, Mameli, Bixio. La scultura di Varni non abbellisce Bianca ultrasessantenne, ma suggerisce sobrietà, intelligenza, e il rispetto da cui era circondata.
Così Mogano ebano oro! offre la possibilità di scoprire personalità di artisti e di uomini e donne che contano anche oggi. Si sa che Bianca è sepolta a Staglieno in una cappella con il marito Rebizzo e il compagno Rubattino, l’armatore dei Mille. Quando visiteremo Staglieno la cercheremo fra tante belle statue integre, e ahimè polverose.