In attesa della ormai mitologica valutazione costi benefici i lavori propedeutici alla costruzione del tunnel di base della Torino-Lione proseguono. Il cantiere da tempo è fermo ma non manca chi lavora alacremente per la realizzazione della più controversa della grandi opere italiane.

Telt, la società italo francese che cura la progettazione e la realizzazione della tratta internazionale, ha pubblicato un bando di gara per attività di servizio lato Italia, per un valore complessivo di tre milioni di euro. Un valore di poco conto rispetto ai miliardi necessari per realizzare la Torino-Lione. Durata dei lavori 12 anni: si svolgeranno nei comuni di Susa, Salbertrand e Bussoleno. Si tratta del cuore del territorio Notav, e la mossa di Telt appare come un tentativo di capire quale resistenza governativa ci sia al proseguimento de facto dell’opera. Dato che da Roma, dal ministero delle infrastrutture di Danilo Toninelli, non sono giunte parole di commento ufficiali, quello che dovrebbe interpretarsi come «atto ostile» (con queste parole il ministro bollò l’ipotesi di avanzamento dei lavori prima delle decisioni del governo) è diventato qualcosa d’altro.

Un tentativo era già stato fatto nei mesi precedenti, ma fu bloccato dopo dure proteste in arrivo dalla val Susa. La grande manifestazione dell’8 dicembre a Torino contro il Tav, che di fatto ha posto fine alla breve stagione delle otto donne torinesi pro tunnel, sembrava aver dato la spinta necessaria al M5S per chiudere la vicenda. Ma la storia del Tav, evidentemente, è lontana dalla sua conclusione.

Il termine per la presentazione delle domande di partecipazione al bando di Telt è il 7 marzo. La mossa della società italo francese, e quindi di Mario Virano che rimane ben saldo nella sua posizione di presidente, ha lasciato interdetto il movimento Notav, ormai sempre più sospettoso rispetto ai rappresentanti M5S che evitano di dare risposte alle richieste che provengono dalla val Susa. Il silenzio è calato proprio dopo la massiccia manifestazione di un mese fa.

Lo spettro delle altre vicende legate alla difesa del territorio si aggira: le giravolte compiute su Tap e soprattutto Terzo Valico incombono. Perfino nei passaggi più semplici e scontati il governo appare bloccato e timoroso.

L’architetto Paolo Foietta, il cui mandato quale capo dell’Osservatorio Tecnico è scaduto a fine anno, ha comunicato con una lettera ufficiale, che sfida il ministro Toninelli, che il suo lavoro prosegue. L’architetto scrive: «Il mio incarico è scaduto il 31/8/2018, ad oggi non ho ricevuto alcuna comunicazione in merito ad un eventuale rinnovo o alla nomina del nuovo Commissario Straordinario di Governo». In virtù della fiducia espressa a lui e all’Osservatorio in una riunione svoltasi in Prefettura a fine dicembre, Foietta conclude scrivendo che in attesa di comunicazioni, e per senso di responsabilità, lui va avanti. Ha quindi convocato una riunione per il prossimo 21 gennaio.

Su Paolo Foietta il ministro Toninelli si era espresso con lazzi e battute nei mesi passati: «Presto andrà in pensione». La lettera dell’architetto è indirizzata al presidente del consiglio, Giuseppe Conte, e al sottosegretario Giancarlo Giorgetti.

La val Susa è stata quindi lasciata al suo destino? Un’ala da tagliare per recuperare voti dall’onnivoro alleato di governo che vuole il Tav, nonché tutte le altre grandi opere?

Nei prossimi giorni dovrebbe essere pubblicato l’esito, che poi dovrà essere sottoposto al giudizio di una seconda «commissione internazionale», della valutazione costi benefici. Già noto il risultato, negativo, sebbene tutte le anticipazioni siano state smentite. Quello che invece ancora non si conosce è il valore della passività. Dal ministero delle infrastrutture però fanno sapere che una seconda valutazione giudicherà la Torino-Lione: quella legale contrattuale. Secondo indiscrezioni i due esiti, tecnico e legale contrattuale, si compenseranno sul piano economico.

In ogni caso i tempi si allungano e la decisione finale potrebbe giungere dopo le elezioni primaverili, per poi essere sottoposta a un voto parlamentare «con libertà di coscienza».