Le tasse universitarie in Italia sono le terze più alte d’Europa. Solo nove studenti su 100 ricevono una borsa di studio. L’andamento delle prime è al rialzo: oggi in media è pari a 1400 euro circa a studenti, presto aumenterà quando la Gran Bretagna lascerà l’Unione Europea, togliendosi dal primo posto: oggi per iscriversi in un’università inglese bisogna pagare 10.028 euro. L’Italia arriverà al secondo posto, preceduta dall’Olanda (2006 euro medi). Direzione opposta è quella seguita dalle borse di studio: le ricevono meno del 10% degli iscritti, mentre in Spagna i borsisti sono aumentati del 55%, in Francia del 36%, in Germania del 32%. Oggi, in Spagna, il 30% degli studenti riceve una borsa; il 39% in Francia. Staccatissima la Finlandia dove il 72% degli studenti sono borsisti. Questi dati contenuti nel rapporto Eurydice 2017 pubblicato dalla Commissione Ue sui sistemi nazionali di tassazione e diritto allo studio.

Questi dati vanno spacchettati rispetto ai corsi di studio. Nelle lauree triennali, ad esempio, la tassa media è passata da 1262 euro a 1316 in un solo anno: il 4,3% in più. Lo stesso andamento si ritrova in altri paesi, inseriti dal rapporto nello stesso gruppo in fuga guidato dall’Italia: Irlanda, Spagna, Paesi Bassi, Portogallo, Svizzera e Liechtenstein. Ormai staccato il gruppo dei paesi dove le tasse sono poco più che simboliche (meno 100 euro l’anno) sono la Repubblica Ceca, la Polonia, la Slovenia e la Slovacchia. In altri 15 stati – tra cui il Belgio, la Francia, l’Austria – le tasse variano o tra 100 e mille euro l’anno.

«Siamo tra i Paesi con la più bassa percentuale di borsisti – ricorda Elisa Marchetti, coordinatrice dell’Unione degli Universitari – Tutto questo mentre in Germania le tasse universitarie sono state abolite e un quarto degli studenti riceve una borsa, e in Francia la tassa media è di circa 200 euro e i borsisti sono il 40%. Anche la Spagna, un paese dell’Europa Meridionale fa meglio di noi: il 30% degli studenti riceve un sostegno economico».

Questa situazione va considerata anche rispetto al fallimento delle riforme di «centro-sinistra» Berlinguer-Zecchino dell’università, il cui obiettivo era quello di aumentare il numero dei laureati modificando i corsi di laurea nel famigerato «3+2». Fonti Ocse hanno di recente confermato che nel 2016, tra i 25 e 64enni, il 18% aveva una laurea. La media europea è del 33%. Tra i 25-34enni il 26% aveva una laurea. La media europea: 40%. Solo il Messico fa peggio con il 22% di laureati.

Mentre in tutti i paesi Ocse si aumentavano gli investimenti in istruzione e ricerca negli anni della crisi, l’Italia ha tagliato 9 miliardi di euro ai bilanci di scuola e università. A questi bisogna aggiungere i miliardi estorti agli insegnanti e ai docenti con il blocco degli stipendi a scuola: 12 mila euro a testa in sette anni. Per gli universitari, è stato calcolato che il blocco degli scatti di anzianità farà guadagnare allo stato austerico 100 mila euro a docente incardinato.

Sul capitolo tasse universitarie va tuttavia ricordato che la precedente legge di bilancio stanziò 55 milioni per il 2017 e 110 a regime dal 2018 per coprire le minore entrate delle università. Alcuni atenei hanno approvato regolamenti con una no tax area al 23mila euro e la fascia calmierata fino a 50mila euro (Bologna);14mila e 40mila (Sapienza di Roma). L’università di Genova assicura l’iscrizione gratis per chi ha perso il lavoro. Le immatricolazioni degli studenti lavoratori sono aumentate