Sempre più proiettata verso il futuro, più ospitale e con una ritrovata passione per il verde, la Taranto di Rinaldo Melucci, attuale sindaco proveniente da una storica famiglia di imprenditori portuali, sembra avere una marcia in più. Con i Giochi del Mediterraneo, l’ambizioso progetto di una Biennale del Mediterraneo dedicata all’architettura, al cinema e all’arte e la candidatura a Capitale italiana della cultura 2021, Taranto cambia abito e si presenta da protagonista.

Il rilancio di una città parte dalla valorizzazione delle ricchezze che il territorio offre. Da primo cittadino può dirci quali sono i punti di forza e di debolezza di Taranto?

Gli antichi non sceglievano mai un luogo a caso per edificare le loro città. Quando i greci sono approdati a Taranto, probabilmente hanno ammirato le stesse cose che oggi lasciano letteralmente folgorato chi non conosce la capitale della Magna Grecia e si fa distrarre dai temi di cui è avido il mainstream, per esempio la crisi della grande industria. Parlo della luce che solo Taranto ha, parlo del suo mare ricchissimo, parlo di quella inconsapevole attrazione per ciò che è straniero e la curiosità per il nuovo, che l’ha resa, a suo modo, nei secoli, un vero ombelico del Mediterraneo, una avanguardia del Mezzogiorno. A Taranto, nel Novecento, hanno imposto una storia che non era sua, il tarantino non è per dna un operaio stanziale, è un navigatore, è un pescatore, è un creativo. È come se la città oggi riscoprisse quella luce, che tante produzioni cinematografiche sta attirando in riva ai suoi Due Mari, è come se si fosse finalmente accorta del suo trono unico sul mare, è come se non volesse più farsi raccontare solo come la terra dell’acciaio e di tutti i mali del capitalismo italiano, ma volesse raccontare al mondo per quale motivo quegli esuli ellenici scelsero di fermarsi proprio qui.

Porta del Mediterraneo, Taranto è sempre più proiettata verso l’Europa. Qual è la sua visione a lungo termine?

Il sindaco Melucci


Io ritengo che i confini, fisici e intellettuali, non solo nel nostro Paese e nel nostro continente, siano destinati a cadere entro il prossimo secolo sotto la spinta del progresso, dei flussi migratori, del cambiamento climatico, e persino a causa dei nostri modelli di business e di welfare ormai obsoleti. Io lavoro ogni giorno con l’ossessione di far diventare Taranto un luogo internazionale, finalmente attrattivo, la città che in Italia può segnare prima e meglio di tutti la rotta verso l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, lavoro insomma perché Taranto entri senza paure o pregiudizi in quella modernità.

Il suo approccio manageriale alla politica sta producendo dei risultati tangibili, dalla rigenerazione urbana e sociale alla cultura. Può tracciare un bilancio dei successi ottenuti finora?
Lascio il giudizio di medio termine di questo mio mandato ai cittadini. Di certo, quando sono stato eletto avevo ben chiaro che, prima di agire sulla immagine e la crescita della città, bisognasse rimarginare alcune ferite del passato, quelle che infettano l’organismo urbano, fanno scadere i servizi pubblici, tengono lacerata e arresa la comunità, che tende quindi a scacciare i propri giovani, le persone più brillanti e competenti. Sono, quindi, particolarmente orgoglioso di aver fatto in modo che dopo 12 anni si chiudesse la vicenda del dissesto finanziario dell’ente civico, che dopo ben 40 anni si avviasse l’iter per un nuovo piano urbanistico, che sia partita la prima raccolta differenziata integrale sul territorio comunale, che la città abbia conquistato la XX edizione dei Giochi del Mediterraneo, che siano partite decine di cantieri molto significativi nel cuore di Taranto. In parole semplici, che stia tornando una accettabile qualità della vita per i tarantini.

Qual è la città internazionale che più la ispira?

Sarebbe facile indicare le città europee che hanno svoltato dopo la riconversione delle loro acciaierie. E a queste, obiettivamente, guardiamo spesso con attenzione. Ma Taranto è qualcosa di più, è una città marittima, è un sud diverso, è a suo modo una frontiera, sta ripetendo alcuni dei percorsi che Lisbona ha con successo portato a termine negli ultimi anni. Un grande passato, una lunga crisi, la rigenerazione urbana e sociale, quindi una svolta sostenibile, questi i passaggi che hanno condotto Lisbona a diventare Capitale Verde d’Europa per il 2020. Un giorno non lontano sarà Taranto ad ispirare in egual misura.

Agenda 2030: «17 obiettivi e 169 target per trasformare il nostro mondo. Nessuno è escluso per portare il mondo sulla strada della sostenibilità». Come si pone Taranto in merito a questi importanti traguardi?
L’Amministrazione comunale ha traguardato in particolar modo il complesso di azioni riferibili all’obiettivo 11 dell’Agenda 2030, quelle in sostanza che avrebbero la capacità di avviare una transizione economica, ecologica ed energetica di Taranto, perché diventi una città resiliente ai cambiamenti, una città più salubre, più sicura, più inclusiva. Questo è il fondamento del piano strategico che abbiamo definito «Ecosistema Taranto» e che già da alcuni mesi sta vincolando le nostre scelte amministrative e orientando gli atti quotidiani dei nostri uffici tecnici. Un esempio su tutti, che ha fatto il giro del mondo in poche settimane, il nostro piano casa, con la previsione sperimentale di cessione di immobili comunali a prezzi simbolici, con il vincolo di riqualificazione e l’obiettivo di ripopolamento dell’Isola Madre, la città vecchia di Taranto.

La sua è tra le città candidate a diventare Capitale della cultura italiana 2021. Per quale motivo secondo lei dovrebbe vincere?
Perché molte città hanno già raccontato la loro arte e possono dare un limitato contributo alla promozione del sistema Paese. Taranto da questo punto di vista è tutta nuova, il suo patrimonio immenso è largamente sconosciuto. E poi Taranto sta rinascendo e questa rinascita va protetta, alimentata, perché qui, a differenza di altre tradizionali città d’arte, ogni progresso salva vite, sposta il peso degli interventi pubblici e privati dalla tragedia dell’ex Ilva a terreni dove i giovani tornano a sperare, a metter su famiglia, a intraprendere. Per Taranto non è una sfida banale, per i tarantini è la partita della vita.

Dossier risultato vincente è stato quello presentato per i XX Giochi del Mediterraneo. Taranto ospiterà lo sport internazionale nel 2026. Un importante riconoscimento per l’intero Paese.

Taranto era la patria del mitico atleta magnogreco Ikkos, direi che i Giochi tornano un po’ nella loro antica patria. Sarà un test importante per la programmazione degli enti locali e del Governo, nell’anno in cui l’Italia ospiterà anche le Olimpiadi invernali. Un test per il riposizionamento dell’immagine di Taranto e per la qualità della sua offerta turistica e infrastrutturale. Sono convinto che anche in termini geopolitici, questi Giochi faranno bene a Taranto e al Paese intero.

Ha da poco incontrato il Ministro Franceschini con cui ha condiviso l’idea di realizzare una Biennale del Mediterraneo. Un progetto ambizioso frutto di una collaborazione pubblico-privata.
Siamo alle primissime battute, vorrei non sbilanciarmi troppo, perché una manifestazione del genere risulta molto impegnativa, da tutti i punti di vista, ma mi da grande fiducia l’entusiasmo e la lungimiranza del Ministro Franceschini, al quale, vorrei ricordarlo, Taranto deve diversi interventi che hanno avviato quella rinascita di cui si parlava. Di certo, se ci riusciremo tutti insieme, non lavoreremo per duplicare altri eventi del genere, ma per specializzare Taranto nei riguardi dell’architettura, dell’arte e delle culture del Mediterraneo.

Che messaggio si sente di lanciare a chi decide di restare al Sud, in particolar modo ai giovani?
Parlo di Taranto. È un luogo meraviglioso. Stiamo facendo cadere tutti gli alibi. Non è più in discussione una prospettiva futuribile. La risalita è evidente, è già cominciata. Non è più il momento di avere paura di costruirsi un ruolo da protagonista in questo ombelico del Mediterraneo. Con quella luce e quel mare si può sognare in grande.