I presidenti di regione sono a Roma in veste di grandi elettori, ieri ne hanno approfittato per fare il punto sulle richieste al governo in tema di pandemia. «Procedere rapidamente verso una normalizzazione che consenta una ripresa più ordinata – recita il comunicato a fine incontro -. Una posizione che i presidenti hanno condiviso in modo unanime. Le regioni ritengono necessario procedere a una semplificazione delle regole, basandole non più sulla suddivisione per zone di rischio ma concentrando l’attenzione sui cittadini, in relazione al completamento del ciclo vaccinale».

Le richieste: superare il sistema a colori delle zone di rischio; sorveglianza sanitaria riservata ai sintomatici; sospensione del contact tracing; classificazione dei ricoveri Covid senza i positivi in cura per altre patologie; isolamento dei lavoratori dei servizi essenziali ridotto a 3 giorni dall’inizio dei sintomi e ulteriori 3 con obbligo di ffp2. Per le scuole: sospensione del contact tracing; mantenimento dell’autosorveglianza; «per non interrompere l’attività didattica in presenza tenere in isolamento solo gli studenti positivi sintomatici». Infine sul green pass: quello Ue dura 9 mesi, in Italia dal primo febbraio avrà validità di 6 mesi, le regioni temono un impatto negativo sul turismo così chiedono che vengano considerati validi i pass Ue o, al massimo, che si chieda un tampone aggiuntivo.

Sulla scuola pesa il caos di regole quasi del tutto saltare, un intervento del governo è necessario. A fare il punto è stata l’Emilia-Romagna: «A due settimane dalla ripresa delle lezioni, in cui la curva dei contagi è stata esponenziale, occorre una revisione dei protocolli». Le richieste: superare la regola «un caso tutti a casa» ma quarantena solo per i contatti stretti con il ritorno in aula dopo 5 giorni a casa. Per la primaria: tampone solo al terzo o quinto giorno ma lasciando in classe con mascherina i vaccinati e i guariti. Per le secondarie: tutti a scuola con mascherina se vaccinati con 2 dosi da meno di quattro mesi o con booster. L’idea è che il peggio è passato. «La normalizzazione vuol dire finirla con i tracciamenti degli asintomatici perché sono insostenibili e non danno risultato» ha spiegato il presidente della Conferenza delle regioni, Fedriga.

I punti sono stati inoltrati al governo, il 2 febbraio è previsto un confronto Stato – Regioni. Stamattina potrebbe esserci un incontro con il ministro Speranza. Con l’elezione del capo dello stato il governo è in stallo, la strategia potrebbe essere, al netto di aggiustamenti tecnici necessari, prendere tempo per lasciare che la discesa si consolidi. Il sottosegretario alla Salute Sileri: «Non serve mettere fine al sistema dei colori, i contagi stanno calando. L’ondata dura 40-60 giorni, la proroga allo stato di emergenza, che scade il 31 marzo, non ci sarà».

I nuovi casi ieri sono stati 186.740 su 1.397.245 tamponi, il tasso di positività è sceso al 13,4%. In salita i decessi: 468, nuovo record della quarta ondata (ma 116 risalgono ai giorni precedenti). Sono cresciuti anche i posti letto occupati nelle terapie intensive: 9 in più, 1.694 in totale; più 165 i ricoveri ordinari, 20.027 in tutto; 2.667.445 i pazienti in isolamento domiciliare. La regione con il maggior numero di casi è stata la Lombardia (28.372) seguita da Veneto (24.312), Piemonte (18.656).

Il governatore ligure Toti ha messo sul tavolo un altro tema: «È necessario inserire sempre di più i medici di medicina generale nel contesto sanitario pubblico. E occorre aprire il numero chiuso a medicina, diventato un tappo alla programmazione delle assunzioni».