Non erano pochi quelli che temevano che anche Take Five, opera seconda di Guido Lombardi, un folgorante esordio con Là-bas, (presentato alla Settimana della Critica a Venezia e vincitore del premio De Laurentiis come miglior esordio), fosse destinato al grande serbatoio delle opere «censurate» dal mercato, presentato in concorso al Festival di Roma 2013. Invece grazie a Microcinema arriva nelle sale il 2 ottobre. È naturalmente soddisfatto Guido Lombardi, consapevole che l’uscita dopo circa un anno dal passaggio festivaliero non è tanto clamorosa visto che sono tanti i titoli importanti non solo italiani che anche quando vincono premi in manifestazioni prestigiose, sottoposti al giudizio del pubblico del normale circuito dopo mesi se non anni: «Ho sempre creduto che il film meritasse una vita oltre il Festival di Roma, come ho sempre creduto che in un sistema distributivo come quello italiano troppo appiattito sull’ossessione del prodotto che garantisca la ricaduta commerciale c’è ancora spazio per qualche società un po’ più lungimirante e disposta a rischiare. Il film esce in 20 copie la prima settimana in Campania e a seguire su tutto il territorio nazionale.

 

Credo che Festival o meno, ogni opera cinematografica deve costruirsi un proprio percorso nel circuito che come tale richiede un’adeguata strategia distributiva e commerciale». C’è da chiedersi su quali spettatori può contare il film, perché dopo Là-bas Lombardi ha un po’ spiazzato con un’opera più palesemente di genere una parte degli estimatori di quel film anche se tra questo noir con toni da commedia, questo gangster movie con accenti farseschi e modelli che vanno da I soliti ignoti a Le iene, dai cult sulle grandi rapine a Ocean’s Eleven e Là-bas, che non è una denuncia dell’immigrazione o un’inchiesta sulla camorra ma un racconto di educazione criminale dal punto di vista degli immigrati, c’è una certa continuità. «Non c’è dubbio che il fenomeno cineletterario Gomorra è stato importante, ma ha alimentato inevitabilmente sottogeneri, filoni ed equivoci. – dice il regista – È comprensibile che produttori e registi cerchino di sfruttare il marchio Saviano anche quando le storie e i contesti c’entrano poco o nulla.

 

Per quanto mi riguarda ho la tendenza a raccontare fatti e personaggi con occhio realistico ma allo sguardo paradocumentaristico preferisco la costruzione di un plot, lavorare anche sui codici di genere, integrare la realtà/il realismo con un pizzico di fantasia. Il soggetto di Take Five, ad esempio, – scritto sulla base di un’idea mia e di Gaetano Di Vaio, sottoposto ad Abel Ferrara interessato alla regia ma poi costretto a rinunciare per altri impegni – ruota intorno alla rocambolesca rapina organizzata da cinque «irregolari», Gaetano, Peppe, Carmine, Ruocco, Striano, che hanno il sogno comune di arricchirsi, ma è anche il racconto di cinque solitudini che s’incontrano per un progetto ma con un equilibrio precario».

Di Vaio che con Figli del Bronx ha prodotto il film con Minerva Pictures, Eskimo e Rai Cinema, sottolinea i problemi anche produttivi che ha creato il ‘gomorrismo’: «Dopo l’overdose di libri e film che imitano, citano, manipolano il ‘format’ creato da Saviano, oggi alcuni produttori vogliono romanzare e spettacolarizzare storie e personaggi in contesti di camorra mentre molti spettatori impegnati ed esigenti prediligono l’approccio realistico-documentaristico. Quindi è un po’ complicato soddisfare ambedue le esigenze. La contraddizione è stata evidenziata proprio dal successo di Gomorra – la serie, trasmessa da Sky. Per il lancio è stato parzialmente coinvolto e citato Saviano, ma alla fine il gradimento di un pubblico diversificato è dovuto al taglio, al ritmo, a personaggi, a soluzioni narrative e spettacolari debitori delle grandi serie americane». Non solo produttore Di Vaio, ma anche scrittore, autore con Guido Lombardi dell’autobiografia Non mi avrete mai uscita alcuni mesi, e documentarista: «Ho realizzato un documentario intitolato Largo Baracche una piazza nel cuore dei Quartieri Spagnoli che apre il 26 settembre una serie di sei puntate di Rai3 intitolata I dieci comandamenti».

 

Lombardi intanto sta scrivendo già il nuovo film sempre con la sua formula che sposa realismo e genere: «Con Salvatore Striano, uno degli interpreti di Take Five, sto scrivendo la sceneggiatura di Teste Matte che è il nome di un gruppo di giovani di 16 – 17 anni, protagonisti di un’esperienza particolare legata alla camorra dei Quartieri Spagnoli all’inizio degli anni ’90, poi mutuato da una frangia ultrà del Napoli. In quel periodo il quartiere era preda del potente clan Mariano e di un gruppo rivale formato da scissionisti. Approfittando diciamo così di un ’vuoto di potere’, questi giovani esprimevano una criminalità un po’ anarchica, erano cani sciolti, non erano strettamente legati a nessuno dei clan, non volevano stare nel ‘Sistema’, erano animati da uno spirito di impegno, cercavano di proteggere i Quartieri e di aiutare gli abitanti. In poco tempo diventarono dei Robin Hood ammirati dalla gente e tollerati dai boss. L’esperienza durò fino a quando nel marzo del 1991 si consumò un feroce regolamento di conti tra clan, si scatenò una sanguinaria faida di camorra che culminò nella cosiddetta Strage di Sant’Anna di Palazzo. Anche i ragazzi furono arrestati. Ecco a me interessa raccontare la camorra dall’interno attraverso un’esperienza estrema significativa ma alla fine oscurata dalle imprese della grande criminalità. Nelle azioni e nello spirito delle Teste Matte ho intravisto delle potenzialità anticamorristiche».