Whirlpool mantiene il ricatto, il governo non è riuscito a farle cambiare idea. E così speranze al lumicino per salvare i 322 posti rimasti della fabbrica di via Argine a Napoli che comunque continuano a lottare, fedeli al loro motto: «Napoli non molla!». Come previsto, il tavolo di venerdì notte si è chiuso con un «Verbale di mancato accordo» fra azienda e sindacati. La multinazionale americana «ha sbattuto la porta in faccia a sindacati e governo»- denunciano Fim, Fiom e Uilm – alle 3 di notte e ha confermato «la procedura di licenziamento collettivo»: si è semplicemente impegnata a non mandare le lettere di licenziamento fino a venerdì 22 ottobre, patto sottoscritto con il Tribunale di Napoli dove è ancora pendente un procedimento per comportamento antisindacale, rinviato proprio a quel giorno.

Polemiche per l’assenza del ministro Giorgetti: aveva promesso di essere presente ma era a Varese a chiudere la campagna elettorale con Salvini.
Ora un nuovo incontro è previsto per martedì 19 ottobre, ma a meno di ripensamenti, l’azienda è inamovibile. «Pur riconoscendo gli sforzi profusi dal governo e dalle Regioni per trovare una soluzione idonea per consentire una nuova missione industriale al sito di Napoli» la società, considera «i progetti presentati ancora in una fase non compatibile con le esigenze tempistiche espresse», si legge nella nota diffusa da Whirlpool. Secondo il piano predisposto dal governo, i lavoratori dovrebbero essere assorbiti da un consorzio di aziende per la mobilità sostenibile al quale parteciperà anche Invitalia. Il consorzio si impegna a presentare il piano industriale entro il 15 dicembre, ma per Whirlpool è troppo in là.

«Ci auguriamo che martedì il governo arrivi con una soluzione che eviti i licenziamenti, occorre intervenire sulla proprietà americana. Nel frattempo la lotta continua», attaccano Barbara Tibaldi e Rosario Rappa della Fiom. «Azienda irragionevole, sarò accanto agli operai», commenta la viceministra Alessandra Todde.