Lo chiamano «ozio forzato» nel gergo del carcere. È una condizione che vivono molti detenuti quando mancano attività di rieducazione all’interno delle strutture carcerarie. Ieri mattina il sindacato degli insegnanti Rsu-Sgb dell’istituto tecnico-industriale “J. Von Neumann” di Rebibbia ha comunicato lo stato di agitazione e ha inviato una lettera alle autorità competenti contro il taglio delle iscrizioni. Secondo i dati del sindacato saranno solo 32 le classi concesse al distaccamento dell’Istituto presente all’interno del carcere. Le classi necessarie sarebbero 40 ma l’ufficio scolastico regionale è stato categorico: l’indirizzo tecnico commerciale potrà accogliere solo 100 nuove iscrizioni a fronte delle 157 richieste, mentre per l’indirizzo commerciale ci sarà un taglio di altri 37 posti.
Al momento gli studenti del distaccamento carcerario dell’istituto sono circa 800. Molti insegnanti hanno cercato di ridurre le iscrizioni alla fonte contenendo le richieste, altri invece si sono opposti con forza: «Siamo pronti a scioperare a settembre se non ci verrà data risposta. I tagli sono stati decisi dall’ufficio scolastico regionale e rappresentano un’applicazione in senso rigido della riforma Gelmini. L’istruzione però è un diritto e la nostra Costituzione parla di una pena che deve tendere alla rieducazione del condannato. Com’è possibile farlo senza scuola?», denuncia Barbara Battista, insegnante e sindacalista dell’Rsu-Sgb.
Un caso simile è stato denunciato di recente dall’associazione Antigone, che dal 1998 gestisce un osservatorio sulle condizioni di detenzione in Italia. L’allarme riguarda 4 istituti superiori in provincia di Cosenza nelle carceri di Castrovillari, Paola, Rossano e Cosenza, dove le classi tagliate sono ben 32. L’associazione ha scritto al Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale per la Calabria ma per il momento nessuna risposta.
Nel 2018 degli 86 istituti visitati da Antigone, solo il 26,9 % dei detenuti risultava coinvolto nei percorsi di formazione scolastica e in 3 istituti quest’offerta risultava del tutto assente. Non va meglio nel 2019, dove la percentuale scende al 22,6 % ed altri 5 istituti risultano privi di qualsiasi offerta formativa.
«Non è solo questione di rieducazione, si tratta di un diritto. Se si vuole sicurezza bisogna essere certi di riconsegnare alla società persone che hanno avuto la possibilità di riadattarvisi costruendo un percorso diverso rispetto a quando sono entrati. Non a caso il diritto all’istruzione è previsto anche dall’ordinamento penitenziario», dichiara Claudio Paterniti dell’Osservatorio di Antigone.
Un libro, un corso di inglese, un laboratorio di informatica: sono modi di garantire a ciascun detenuto la dignità di essere umano. Se è vero che un uomo non si definisce solo per quel che mangia, togliere la possibilità di studiare a un detenuto non sembra meno grave del privarlo di un pasto caldo.