Stato di agitazione al Sole 24 Ore, dove il comitato di redazione metterà in campo un pacchetto di dieci giorni di sciopero. La decisione è stata prese dall’assemblea di redazione (106 voti favorevoli, 2 astenuti e 1 contrario) in risposta alla richiesta dell’azienda «di un taglio del costo del lavoro per la seconda metà del 2020 nell’ordine del 25%».

Il piano è stato respinto dalla redazione perché «incompatibile con una corretta organizzazione del lavoro» e con «la sostenibilità dei molti prodotti realizzati, in una situazione di grande emergenza. Prodotti che sostengono i ricavi del gruppo». Il livello dello scontro è salito al punto che la redazione ha affidato al cdr il mandato «di valutare la proclamazione di un voto di fiducia sull’attuale direttore del quotidiano», Fabio Tamburini. Intanto, si discute se realizzare nelle prossime settimane altre forme di protesta per rendere evidente cosa potrebbe accadere con un taglio così radicale della forza lavoro: bloccare le newsletter, i podcast, i turni di supporto al sito, le iniziative speciali come guide, libri ed ebook.

Dalla carta stampata alle agenzie: due settimane fa sono stati i giornalisti dell’Ansa a protestare con 48 ore di sciopero. Il management ha intenzione di coprire le perdite di bilancio attese con 24 giorni di cassa integrazione per tutti i redattori, a partire da giugno, più un taglio del 25% del budget dedicato ai collaboratori. «Le misure avanzate – ha ribattuto l’assemblea dei giornalisti – comprometterebbero gravemente la capacità dell’Ansa di assicurare un notiziario qualitativamente e quantitativamente adeguato in un momento in cui il ruolo dell’informazione è quanto mai essenziale». Sottolineando poi di aver «operato in smart working in assenza di dotazioni tecnologiche adeguate». Per concludere: «Per l’ennesima volta l’azienda intende raggiungere il pareggio dei conti scaricando i costi sui redattori e, ancor peggio, sui collaboratori e sui precari, privati non solo di prospettive ma anche di una retribuzione dignitosa».

Tagli annunciati anche a Radio Capital del Gruppo Gedi, passato sotto il controllo della famiglia Agnelli. L’editore ha comunicato l’intenzione di «dimezzare il numero dei giornalisti per tagliare i costi». Una decisione che stravolge l’identità della radio così come l’aveva impostata l’ex direttore, Vittorio Zucconi. «La garanzia di tutelare i posti di lavoro – fa sapere la redazione – non rende meno negativo il giudizio sulla riduzione degli spazi informativi e dell’organico». Repubblica e La Stampa, pure loro Gruppo Gedi, si sono schierate con i giornalisti di Radio Capital. Del resto nella testata ammiraglia i malumori per il cambio di assetto proprietario avevano provocato assemblee e un giorno di assenza dalle edicole. Mentre il neodirettore de La Stampa, Massimo Giannini, era subentrato a Zucconi a Radio Capital, adesso affidata a Linus.

Più grave la situazione de La Gazzetta del Mezzogiorno, quotidiano di punta in Puglia e Basilicata con 133 anni di storia. L’esecutivo del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti si riunirà l’8 giugno a Bari in vista dell’udienza fallimentare del giorno successivo che deciderà le sorti della testata. La procura del capoluogo pugliese ha chiesto il fallimento della società editrice Edisud, della famiglia Ciancio Sanfilippo, ma con la concessione dell’esercizio provvisorio.