Nessun Dio vorrebbe avere figli simili. Come gli Swans, cioè. Soprattutto ora che via Mute/Young God Records esce la ristampa di Children of God (1987), quinto capitolo della vicenda trentennale della band di Michael Gira, rimasterizzato e con un po’ di calore in più, si spera, rispetto ai suoni secchi dell’originale. Un album che funge da raccordo tra la prima e la seconda incarnazione dei cigni: dal percuotere catartico le porte di un inferno industrial nella New York marcescente pre-Trump e pre-Giuliani, allo scintillante folk-neogotico a tinte Cohen (Leonard, non i fratelli) degli anni Novanta. E che per completezza annovera Feel Good Now, il live album di quel tour. In un allontanarsi lento e graduale dalla ferocia iconoclastica della no wave, l’assai perturbante e perturbato Gira – uno che fa sembrare Nick Cave un buontempone – saccheggia a piene mani il repertorio da abuso della credulità popolare dei predicatori tele-evangelici americani.

I TEMI LUDICI del nostro – potere, denaro, sottomissione, colpa, peccato – si rifrangono così nel prisma religioso: urlati nel consueto baritono, ma da un pulpito nero. Non solo grida, ci sono anche dei sussurri. Registrato nell’agreste ed europea Cornovaglia, l’album coniuga la violenza viscerale degli esordi – dal vivo rendevano inadeguata la misurazione del rumore in decibel – con la splendida aggiunta della voce elegiaca e anch’essa terribile di Jarboe Devereaux, che qui splende di luce propria. Children si snoda in abbinamenti fra malattia e convalescenza, dolore e sollievo. All’assalto sonico di New Mind, Sex, God, Sex, Like a Drug (Sha la la la) fanno riscontro In My Garden, la sublime Blackmail e You’re Not Real, Girl. Nessuna satira della fede; tantomeno, naturalmente, una sua celebrazione: qui Gira fa un uso performativo dei telepredicatori, i Savonarola della società dello spettacolo, le rock star delle classifiche confessionali. Gli Swans non sono per i deboli di cuore, come confermano anche gli ultimi, monolitici album della loro ultima fase.
Dal vivo sono un autentico rito di passaggio: chi scrive li vide all’Astoria di Londra nell’«ultimo» tour prima del secondo scioglimento, nel 1997. Ma i fantasmi di Gira non lo lasciano, come indica una storiaccia di accuse di stupro mossegli qualche anno fa. Come i Laibach, anche se in tutt’altro modo, suonano il desiderio di morte della società dei consumi.