Yingluck Shinawatra, premier thailandese, ha sciolto il parlamento in diretta televisiva – a seguito delle dimissioni dell’opposizione – e ha indetto le elezioni anticipate per il prossimo 2 febbraio. Il re ha approvato la scelta, confermandola alla guida del governo ad interim. L’indizione delle elezioni anticipate, però, non ha placato le manifestazioni, che sono riprese ieri, anche se non sono stati segnalati episodi di violenza. Almeno 160 mila persone hanno protestato di fronte al palazzo del governo.
In ballo c’è il futuro politico della Thailandia, nella consueta confusione che ormai sembra contraddistinguere il «Paese dei sorrisi»: il leader della protesta, infatti, l’ex vicepremier Suthep Thaugsuban, accusato di omicidio a seguito della repressione decisa nel 2011 contro le manifestazioni dei suoi avversari politici, continua a proporre l’istituzione di un «Consiglio del popolo» nominato dall’alto, senza fornire alcun ragguaglio circa la reale entità della sua proposta politica. La percezione è che i Democratici possano non accettare l’idea delle elezioni, sapendo di andare incontro ad una probabile sconfitta.
Il Partito Democratico – che domenica ha annunciato le dimissioni di tutti i suoi parlamentari – non vince un’elezione dal 1992, ed è uscito sconfitto in ogni contesa elettorale dal 2001. In particolare l’ex premier Thaksin Shinawatra (il fratello di Yingluck, accusata dalle opposizioni di essere un suo «fantoccio») sembra ancora godere – secondo gli analisti e gli esperti del paese – della fiducia delle classi più popolari, specie delle zone rurali del paese, cui ha permesso durante le scorse legislature un welfare migliore e più possibilità di accedere al credito.
L’attuale stallo politico, sembra derivare dall’emergere di un nuovo ceto, rappresentato al momento dai seguaci di Thaksin, in grado di mettere in crisi il dominio della borghesia cittadina e di quelle frange delle popolazione su posizioni monarchiche (specie nel sud del paese). Thaksin, non a caso, è stato più volte accusato di avere in mente una destituzione del Re, mentre secondo alcuni osservatori, come il giornalista Andrew MacGregor Marshall, ex Reuters, il magnate delle telecomunicazioni, in esilio dal 2008 a seguito della condanna per corruzione, avrebbe già raggiunto un accordo con l’erede al trono thailandese, che non gode dello stesso rispetto del padre da parte della popolazione (in ThaiStory, Thailand’s moment of truth, 2011). Si tratta di supposizioni, che una nuova tornata elettorale rischiano di non chiarire: sono molti infatti a mettere in dubbio la possibilità che dopo la consultazione elettorale, la situazione possa risolversi, a causa dell’attività di protesta dei Democratici e dei monarchici che non paiono rassegnati ad accettare un eventuale risultato elettorale negativo.