C’è sempre qualcuno più a nord di te che ti guarda dall’alto in basso. Lo sanno bene i varesotti e i comaschi che magari votano Lega ma che ogni mattina all’alba si mettono in coda per andare a lavorare in Ticino. Finché gli italiani portano nelle banche di Lugano soldi evasi, oppure aprono, come accade sempre più spesso, le loro aziende pochi metri oltre confine per ottenere vantaggiose agevolazioni fiscale, tutto va bene. Per gli imprenditori del paese con il reddito pro capite più alto del mondo non è male neppure sfruttare i lavoratori stranieri e italiani che costano molto meno. Ma per il ticinese medio trovarsi tra i piedi questi terroni di varesotti e comaschi spesso è un fastidio. Domenica prossima tutta la Confederazione è chiamata a votare il referendum per limitare l’immigrazione proposto dal partito di destra Udc al quale si è subito accodata la Lega ticinese.

I manifesti che chiedono di dire “basta all’immigrazione di massa” raffigurano un grosso albero nero i cui rami come tentacoli stritolano la Svizzera. La propaganda usa i soliti stereotipi: ci rubano il lavoro, portano criminalità, i treni sono troppo affollati. L’Udc è lo stesso partito che qualche anno fa, pochi metri oltre il confine, appendeva grandi striscioni che rappresentavano gli italiani come topi che mangiano il formaggio svizzero. Il referendum intende rietrondurre nella costituzione quote che limitino permessi di dimora e ricongiungimenti familiari per gli stranieri, anche richiedenti asilo, e imponga soglie al numero dei frontalieri. Gli italiani che ogni giorno vanno a lavorare in Ticino sono 65 mila (+4,7% nel 2013) mentre gli italiani che risiedono in Svizzera sono 500 mila (i più numerosi, pari al 15% del totale degli stranieri).

Il governo federale e gli industriali si sono schierati contro il referendum. Se dovesse passare metterebbe in crisi gli accordi di libera circolazione siglati con la Ue. Per questo fino a pochi giorni fa sembrava scontato che il referendum dovesse fallire. All’inizio dell’anno nei sondaggi i Sì erano stimati al 37%, adesso avrebbero superato il 40% e in Ticino sarebbero il 54%. Per passare però bisogna anche che la maggioranza dei cantoni sia favorevole. Un’ipotesi che al momento appare piuttosto remota.