«Se dovessimo incontrare di nuovo la stessa malattia, sapendo esattamente cosa sappiamo oggi, penso che potremmo accontentarci di fare qualcosa tra ciò che la Svezia ha fatto e ciò che il resto del mondo ha fatto». Sono queste le parole che Anders Tegnell ha pronunciato, mercoledì mattina, durante un intervento alla radio. Tegnell è l’infettivologo svedese che, dal 2013, guida la struttura epidemiologica del paese scandinavo e che ha gestito la strategia di contenimento del Covid-19. Le sue dichiarazioni seguono i dati sui decessi nell’ultima settimana fino al 2 giugno dove il numero di morti pro capite a causa del coronavirus è stato il più alto del mondo. Il tasso del paese è di 5,29 morti per milione di abitanti al giorno, ben al di sopra dei 4,48 del Regno Unito.

Di fatto l’epidemiologo svedese aveva basato, fin da marzo, la strategia di contenimento teorizzando (e in parte applicando) l’immunità di gregge, come aveva dichiarato di volere fare il premier britannico Boris Johnson in una prima fase, cambiando radicalmente approccio dopo essere stato lui stesso vittima del Covid-19. Proprio il paragone con la Gran Bretagna ha portato Tegnell a concludere la sua intervista radiofonica affermando che «non c’è nulla che indichi che avremmo avuto un risultato totalmente diverso se avessimo implementato misure più drastiche. La Gran Bretagna ha fatto questo, ma non ha avuto un buon risultato».

Gli attuali 4.468 morti in Svezia rappresentano un media di 449 decessi per milione di abitanti, rispetto ai 45 in Norvegia, ai 100 in Danimarca e ai 58 in Finlandia. Numeri comunque inferiori rispetto ai 555 dell’Italia, ai 581 della Spagna e ai 593 del Regno Unito.

L’approccio dell’infettivologo era stato accolto positivamente dagli svedesi, culturalmente molto gelosi delle proprie libertà individuali, tanto che nella prima fase nessuna forza politica di maggioranza e di opposizione aveva sollevato critiche rispetto alla strategia adottata: eventi pubblici vietati solo con assembramenti di oltre 50 persone, scuole chiuse solo da aprile per gli over 16 e lockdown per residenze per anziani. È da queste strutture che è arrivato il bilancio più pesante con quasi la metà dei decessi dell’intero paese. Proprio a partire da questi dati il premier socialdemocratico, Stefan Löfven, ha dato il via libera all’istituzione di una Commissione sulla gestione dell’emergenza. «È importante avere una corretta revisione della strategia svedese e delle misure adottate» ha affermato il primo ministro lunedì scorso. Il consenso al governo però ha continuato a crescere in questi mesi: dal 43% prima della crisi al 70% attuale, con punte ancora più alte proprio tra la popolazione anziana. La strategia di un lockdown morbido ha permesso una modesta crescita economica (+0,1) rispetto a molti altri paesi che sono andati in recessione. Ci sono stati comunque molti licenziamenti e diversi economisti svedesi non escludono che il paese possa entrare in recessione prima della fine dell’anno.