«Una bocca è un giardino segreto dove crescere piante, fiori. Una bocca con cui piangere, giurare, sputare, sussurrare». Artista schiva e sensibile, Barbara DeDominicis giunge a questo nuovo disco dopo lunga gestazione, ma l’attesa non è stata vana: sei tracce fantasmatiche e sensuali, come dolenti poesie scritte in ottima calligrafia su carta di riso. Un concept album ispirato a Corpus di Jean Luc Nancy: da qualche parte tra spoken word, elettroacustica, psicogeografia del corpo e camerismo irrequieto, queste ombre tra canzone e improvvisazione hanno linee vocali che vagano alla ricerca di un approdo nel buio e nel viaggio incontrano altri strumenti: clarinetto, violino, violoncello, chitarra, pianoforte, batteria, elettronica. Nel lavoro emergono al tempo stesso la personalità della cantante e il respiro corale delle composizioni, sempre in bilico tra urgenza, brivido e fragilità. Contribuiscono tra gli altri Elio Martusciello (notevoli i sussulti digitali di Womb: sincopi soul per dispositivi), Teho Teardo (le astrazioni contemporanee di Bones) e Marco Messina (il requiem folk di Heart-Unbeaten ). Un disco prezioso come una bella notizia inaspettata, o un segreto confidato all’orecchio.